Igiene intima in gravidanza: le corrette abitudini

L’igiene intima in gravidanza va protetta, sia per il benessere e la salute della donna, sia per quella del nascituro; le corrette abitudini sono fondamentali.

L’igiene intima in gravidanza va protetta, sia per il benessere e la salute della donna, sia per quella del nascituro; a questo proposito, le corrette abitudini possono fare la differenza. Ogni mamma desidera il massimo per suo figlio, trascurando a volte il fatto che, per dargli il meglio, deve anche avere una corretta cura di sé.

Certo, la natura già predispone l’organismo nel migliore dei modi per affrontare la gestazione. Il corpo femminile, infatti, si trasforma anche a livello genitale: il pH intimo diminuisce (quindi aumenta l’acidità) e si verifica un incremento delle secrezioni vaginali. Tali secrezioni acide hanno un compito molto importante: proteggono dalle infezioni. Si tratta di un meccanismo fisiologico meravigliosamente efficace, che serve a tutelare la donna e il nascituro.

Tuttavia, durante la gestazione frequentemente le donne sentono fastidi, e non solo per le perdite abbondanti. Non di rado, infatti, vengono segnalati bruciori, prurito, rossori. Anche un’igiene non corretta potrebbe esserne responsabile, perché potrebbe alterare questo delicato equilibrio. Per esempio, un sapone troppo alcalino potrebbe risultare aggressivo, rendere meno acido il pH vaginale ed esporre così al rischio di irritazioni e aggressioni batteriche. In questa fase della vita della donna sono per esempio frequenti le infezioni urinarie che, sebbene in genere siano facilmente risolvibili, possono in rari casi portare a problemi di salute per la madre e il neonato, come travaglio prematuro e ipertensione. La prevenzione, come sempre, è la migliore difesa.

Come prendersi cura di sé correttamente?
Una corretta igiene intima in gravidanza aiuta non solo sentirsi maggiormente a proprio agio e freschi, ma anche a prevenire le infezioni. Oltre a lavarsi quotidianamente, la donna deve prestare attenzione a preservare le difese naturali già presenti nell’area genitale. Ecco perché la scelta del detergente intimo diventa particolarmente importante. Certo deve rimuovere le abbondanti secrezioni tipiche delle donne incinte, ma questo non basta: deve rispettare e allo stesso tempo proteggere l’area genitale. È quindi preferibile che sia a pH leggermente acido, reidratante e che abbia un’azione antimicrobica per prevenire le vaginiti. Alcune precauzioni nella vita quotidiana consentono di vivere con più serenità la gravidanza. La scelta degli indumenti, per esempio, è importante: l’obiettivo è quello di permettere la traspirazione e di evitare gli attriti meccanici che potrebbero dare origine a irritazioni. È consigliabile indossare biancheria intima di cotone, possibilmente bianca, ed evitare i tessuti sintetici. È bene che gli abiti siano in fibre naturali e non troppo attillati e stretti. Le perdite abbondanti inducono spesso a ricorrere al salvaslip. Anche in questo caso alcuni accorgimenti possono aiutare a evitare fastidiose irritazioni: cambiarli di frequente, preferire quelli in fibre naturali, limitare il loro uso a quando strettamente necessario. Impostare corrette abitudini in bagno può dare un aiuto in più. Per esempio, la doccia, con un tappetino antisdrucciolo sul pavimento, è preferibile alla vasca: uscire da quest’ultima, per una donna sbilanciata dal peso del nascituro, può essere impegnativo e comportare un maggiore rischio di pericolose cadute. La temperatura dell’acqua non deve essere troppo calda, per evitare un’eccessiva vasodilatazione. Il movimento di pulizia dell’area genitale deve essere sempre effettuato con movimenti che vanno dal davanti verso l’indietro e mai viceversa, per evitare la contaminazione dovuta ai germi presenti nella zona rettale, inoltre è bene usare l’asciugamano intimo da una parte per l’area vaginale, dall’altra per quella anale. Alla donna in gravidanza è consigliabile una moderata attività fisica che aiuta da una parte al consumo di calorie che contribuisce a tenere sotto controllo l’aumento ponderale, dall’altra l’attivazione della circolazione sanguigna con la conseguente diminuzione degli edemi declivi. Anche se l’attività ideale rimane sempre la “passeggiata veloce”, molte donne preferiscono frequentare la palestra o la piscina, condizioni che possono esporre a germi patogeni: in questi casi è importante prestare maggiore attenzione all’igiene. In ogni caso, in presenza di fastidi, come prurito, bruciore o altro, è consigliabile rivolgersi al ginecologo, evitando l’autoprescrizione. Si tratta di consigli semplici da seguire, ma che possono fare la differenza nell’assicurare un benessere intimo soddisfacente.

Bibliografia
Albani et al. La detersione idratante: efficacia e tollerabilità di nuove formulazioni a base di acido ialuronico 0,2% per l’igiene intima della donna in età fertile e in menopausa. Minerva Ginecologica 2018;70 https://www.minervamedica.it/it/riviste/minerva-ginecologica/articolo.php?cod=R09Y2018N02A0220

Pete PMN et al. Genital hygiene behaviors and practices: A cross-sectional descriptive study among antenatal care attendees. Journal of Public Health in Africa 2019; volume 10:746

Igiene intima in gravidanza: preservala così http://www.sosostetrica.it/igiene-intima-gravidanza-preservala-cosi/

Dott. Claudio Paolo Azzini

Direttore Sanitario dell’Istituto Medico Toscano di Prato

Dispareunia: un sintomo comune nel post-partum

Nel corso dell’età fertile il dolore ai rapporti sessuali, meglio noto come dispareunia, viene riportato dal 14 al 34% delle donne, ma dopo il parto la sua frequenza può salire fino al 60% e rimanere elevata anche per 12-18 mesi. Le cause in gioco sono diverse, a partire dalle sollecitazioni e lacerazioni a cui vengono sottoposti i tessuti pelvici. Il fatto, però, che la dispareunia interessa anche le donne sottoposte a taglio cesareo suggerisce che lo stress meccanico, per quanto rilevante, non è di fatto il principale fattore responsabile. Un altro elemento da non trascurare, infatti, è l’allattamento: secondo una comune interpretazione, infatti, il calo di estrogeni, che caratterizza il profilo ormonale femminile in questo periodo, favorisce l’assottigliamento della mucosa vaginale (atrofia), rendendola più debole.

Uno studio di approfondimento
Uno studio ha osservato la presenza di atrofia nel 17% delle donne che allattavano al seno, a distanza di 4 settimane dal parto, l’80% delle quali lamentava dispareunia. Un gruppo di ricercatori, con l’obiettivo di approfondire la problematica, ha raccolto 117 donne che si sono via via presentate per il follow-up post-partum, alle quali, oltre ai controlli tradizionali, è stato proposto un questionario per valutare specificamente la dispareunia. L’atrofia vaginale è stata rilevata con tre modalità: la visita ginecologica, che l’ha riscontrata nel 48% dei casi, la determinazione del pH locale (un valore superiore a 5,1, considerato compatibile con atrofia, è emerso nel 62%) e l’esame microscopico, che ha documentato la diagnosi nel 40% della popolazione esaminata. Poco più di un terzo delle donne aveva ripreso i rapporti sessuali, che sette volte su dieci sono stati riferiti come dolorosi, il più delle volte – altra importante osservazione da evidenziare – in associazione a secchezza vaginale.

Uno studio di approfondimento
Uno studio ha osservato la presenza di atrofia nel 17% delle donne che allattavano al seno, a distanza di 4 settimane dal parto, l’80% delle quali lamentava dispareunia. Un gruppo di ricercatori, con l’obiettivo di approfondire la problematica, ha raccolto 117 donne che si sono via via presentate per il follow-up post-partum, alle quali, oltre ai controlli tradizionali, è stato proposto un questionario per valutare specificamente la dispareunia. L’atrofia vaginale è stata rilevata con tre modalità: la visita ginecologica, che l’ha riscontrata nel 48% dei casi, la determinazione del pH locale (un valore superiore a 5,1, considerato compatibile con atrofia, è emerso nel 62%) e l’esame microscopico, che ha documentato la diagnosi nel 40% della popolazione esaminata. Poco più di un terzo delle donne aveva ripreso i rapporti sessuali, che sette volte su dieci sono stati riferiti come dolorosi, il più delle volte – altra importante osservazione da evidenziare – in associazione a secchezza vaginale.

L’interpretazione dei risultati
Un primo rilievo importante emerso dallo studio conferma che la dispareunia nel post-partum è molto frequente ma in ogni caso non è “scontata”: in altre parole l’esperienza può variare non soltanto tra persone diverse, ma anche nel corso del tempo, nella stessa donna, da un parto all’altro. Va però osservato che, contrariamente alle aspettative dei ricercatori, la dispareunia è risultata strettamente correlata all’allattamento (oltre i due terzi delle donne che l’hanno riportata allattavano al seno) e non all’atrofia vaginale, benchè quest’ultima sia stata osservata in almeno la metà del campione. Da questo dato si evince che il legame tra riduzione degli estrogeni e dispareunia sia mediato, più che da alterazioni strutturali della mucosa genitale, da altri meccanismi, tra cui, per esempio, modificazione della sensibilità al dolore, aumento del pH e cambiamenti delle condizioni locali.

Un messaggio conclusivo
Secondo i ricercatori il post-partum presenta numerose analogie con la fenomenologia che caratterizza la menopausa. È pertanto necessario uno scrupoloso follow-up, con particolare riguardo alle donne che allattano al seno, più soggette a rapporti dolorosi: per quanto reversibile, infatti, l’alterazione del microambiente vaginale non deve essere sottovalutata sia perché può protrarsi per alcuni mesi, sia perché comporta inevitabilmente disagio, intervenendo in un momento particolarmente delicato della vita femminile. Da qui la riflessione sull’importanza di utilizzare detergenti e preparati idratanti specificamente formulati, in grado di favorire il ripristino delle condizioni fisiologiche, contrastare la secchezza e agevolare la ripresa dell’attività sessuale.

Bibliografia
Lev-Sagie A, Amsalem H, Gutman Y, Esh-Broder E, Daum H. Prevalence and Characteristics of Postpartum Vulvovaginal Atrophy and Lack of Association With Postpartum Dyspareunia. J Low Genit Tract Dis. 2020 Oct;24(4):411-416.

Dott.ssa Daniela Francesca Caspani

Medico Chirurgo

Specialista in Reumatologia e in Patologia della Riproduzione Umana

Sessualità e benessere vaginale in menopausa: quale relazione?

Il benessere sessuale femminile è legato a svariati fattori, sia psichici (per esempio la libido), sia fisici, tra cui la lubrificazione vaginale.

La definizione di disfunzione sessuale, benchè tuttora oggetto di dibattito scientifico, fa riferimento all’alterazione di uno o più di tali fattori e si traduce concretamente nella difficoltà (o impossibilità) di raggiungere l’orgasmo e nella comparsa di dolore durante i rapporti, denominato in gergo tecnico dispareunia.

La disfunzione sessuale in menopausa
In menopausa la disfunzione sessuale interessa, a seconda delle casistiche, dal 36% a oltre l’86% delle donne ed è influenzata negativamente da molteplici elementi, quali il tono dell’umore, i fenomeni legati all’invecchiamento, l’eventuale presenza di condizioni o malattie croniche (per esempio diabete e obesità) e, a monte di tutto, il cambiamento del profilo ormonale: il calo degli estrogeni, in particolare, promuove l’atrofia vulvo-vaginale, caratterizzata da assottigliamento e maggiore fragilità delle mucose genitali e cambiamenti del microambiente vaginale, a partire dalla diminuzione dei Lattobacilli, i principali batteri normalmente residenti, e dal conseguente aumento del pH locale.

Le osservazioni di uno studio italiano
I dati disponibili, per quanto limitati, suggeriscono che la disfunzione sessuale tende ad aumentare in epoca perimenopausale; inoltre capita spesso che le donne, più che accorgersi dei segni dell’atrofia vulvovaginale, ne lamentino i disturbi più fastidiosi, secchezza e dispareunia. Uno studio coordinato dall’Università di Udine e Catania si è proposto di valutare i cambiamenti della sessualità femminile in prossimità della menopausa e verificare il ruolo dell’atrofia vaginale.
A tale scopo sono stati raccolti in 30 centri sul territorio nazionale i dati (tra cui: peso, statura, abitudini di vita, irregolarità mestruali, infezioni e disturbi urinari) di 518 donne d’età compresa tra 40 e 55 anni che avevano avuto almeno un rapporto sessuale nel mese precedente escludendo quelle che rientravano in alcune condizioni quali: verginità, presenza di infezioni vulvovaginali, rapporto sessuale nelle ultime 24 ore, applicazione di farmaci locali entro 12 ore, presenza di sangue mestruale, vaginismo. Le conclusioni dell’indagine non lasciano adito a dubbi. Un primo dato emerso è che nel periodo che segna il passaggio alla menopausa la disfunzione sessuale aumenta in generale del 30%, salendo dal 55% tra i 40 e i 45 anni d’età all’82% tra i 52 e i 55 anni. In secondo luogo la secchezza vaginale è risultata l’unico fattore correlato indipendentemente a tutti gli aspetti della sessualità, incluso il desiderio, l’eccitazione, la lubrificazione, l’orgasmo, la soddisfazione e la dispareunia.

La secchezza vaginale è il comun denominatore alla base della disfunzione sessuale
Questo studio, oltre a riportare dati interessanti sull’andamento della sessualità della donna a ridosso della menopausa, documenta anche come, tra i numerosi e variegati fattori, la secchezza vaginale è il comun denominatore alla base della disfunzione sessuale in questo periodo delicato della vita biologica femminile.
In particolare, nello studio vengono incluse donne in premenopausa in cui è presente la sola secchezza vaginale, non ancora associata all’atrofia, e donne in post-menopausa in cui secchezza e atrofia vaginale coesistono. Ciò ha permesso di dimostrare come anche nel primo gruppo, la presenza della sola secchezza vaginale, che naturalmente insorge come sintomo prima dell’atrofia, incide negativamente e precocemente sulla vita sessuale della donna.
Da qui si può evincere un importante messaggio educazionale: intervenire tempestivamente con opportuni preparati idratanti può contribuire sia a contrastare le manifestazioni della secchezza sia le sue ripercussioni sulla vita sessuale.

Bibliografia
Cagnacci A, Venier M, Xholli A et al. Female sexuality and vaginal health across the menopausal age. Menopause 2020; 27:14-19


Dott.ssa Sandra Commisso 
Medico Chirurgo,
specialista in Ginecologia e Ostetricia

Lavoro e menopausa, menopausa e lavoro: un rapporto bidirezionale

La menopausa coincide con il termine della fertilità ed è caratterizzata da un’importante modificazione Scarsa concentrazione, calo della memoria, perdita di fiducia in sé stessa e nelle proprie capacità, affaticabilità ed esauribilità: sono alcune delle sensazioni psicoemotive spesso riportate dalle donne in menopausa, a partire dai 45 anni con l’inizio del climaterio fino alla post-menopausa, oltre i 65 anni. Disturbi che, sommati ai malesseri fisici, come scarsa durata e qualità del riposo notturno, irritabilità, sbalzi d’umore, cefalee e dolori muscolo-articolari possono incidere negativamente anche sulle performance e sul rendimento lavorativo, con “insoddisfazione” della donna e della sua azienda che, anziché favorire, talvolta non mostra sensibilità e volontà nel supportare in maniera efficace le proprie dipendenti in questa fase delicata della loro vita.

Quando la menopausa si scontra con il lavoro
Un problema di salute, più o meno serio, può rappresentare un ostacolo alla realizzazione professionale, bloccando una carriera, fino a costringere a lasciare il posto di lavoro qualora la produttività non fosse più in linea con gli obiettivi e le aspettative aziendali. Anche la menopausa, per quanto si tratti di un evento fisiologico e non certamente di una malattia, sembra purtroppo non fare eccezione, con le sue potenziali ripercussioni sul lavoro della donna. Spesso dalle confessioni delle donne si percepisce una riservatezza, che può sconfinare perfino nella ritrosia e nell’imbarazzo, a parlare sul posto di lavoro delle proprie sensazioni, dei cambiamenti fisici ed emotivi legati alla menopausa o del calo produttivo. Ancor più limitante è la situazione in cui il confronto avviene con un capo uomo, magari più giovane e poco sensibile a recepire e comprendere l’ampia gamma dei risvolti psicofisici della menopausa sulla quotidianità professionale e privata della donna. Così la menopausa da normale evento fisiologico, in ambito lavorativo, può trasformarsi per la donna in un’ulteriore discriminante, amplificando ulteriormente la sua percezione di debolezza e fragilità.

Possibili modalità di approccio
Discutere e accettare la menopausa, anche in un contesto professionale, può essere impegnativo ma non insormontabile. Occorre soltanto la giusta capacità di saper cogliere le opportunità: la donna, infatti, deve trovare un nuovo equilibrio con la propria dimensione corporea e con la sfera psichica, ed è perciò fondamentale che sia posta nella condizione di scoprire di avere ancora molte potenzialità, valorizzando la propria esperienza, e di sentirsi ancora parte attiva nell’ambito professionale. Per contro, al datore di lavoro è richiesta una maggiore propensione all’ascolto e all’empatia, premesse essenziali per evitare alla donna inutili disagi e ansie, come per esempio il timore di perdere valore agli occhi dei colleghi o dei superiori. Dal punto di vista organizzativo l’azienda dovrebbe perciò predisporre un ambiente confortevole e più consono alle “nuove” esigenze femminili. Tra le molteplici richieste avanzate dalle professioniste si possono ricordare:

– La necessità di rendere più flessibile l’orario di lavoro;
– L’istituzione di programmi di promozione della salute e di educazione alla migliore gestione dei sintomi associati alla menopausa, come il controllo dei livelli di stress, la corretta dieta e la tipologia di attività fisica per favorire il benessere psicofisico ed emotivo;
– L’adeguamento di postazioni e spazi di lavoro affinchè siano più rispondenti alle necessità personali, per esempio con la possibilità di regolare temperatura e ventilazione in funzione di possibili vampate di calore.

Al di là del ritorno, anche sul piano economico e produttivo, questi accorgimenti sono quanto mai vantaggiosi per la donna, e non solo per favorire il suo benessere: è stato infatti dimostrato che donne in menopausa che lavorano e godono di una retribuzione adeguata alla propria posizione e formazione registrano una minore frequenza e intensità di disturbi menopausali rispetto a coetanee pensionate.

Un contributo collettivo
Nello scenario attuale, caratterizzato da un costante allungamento della longevità, l’attenzione alla menopausa non deve essere limitata al solo corteo di disturbi fisici, ma deve spingersi anche a garantire alle donne che lavorano le migliori condizioni per mantenere il proprio ruolo, spesso frutto di faticose conquiste. Serve quindi disponibilità all’ascolto ma soprattutto la consapevolezza collettiva del fatto che la menopausa comporta la perdita della fertilità ma non di quel patrimonio di esperienze e vissuti che rendono unica e irripetibile la vita di ciascuno e possono diventare una risorsa preziosa e insostituibile anche nel mondo professionale.

Bibliografia
– Hardy C, Griffiths A, Hunter MS. What do working menopausal women want? A qualitative investigation into women’s perspectives on employer and line manager support. Maturitas 2017, 101:37-41;
– Griffiths A, MacLennan SJ, Hassard J. Menopause and work: an electronic survey of employees’ attitudes in the UK. Maturitas 2013, 76:155-9;
– Jack G, Riack K, Bariola E et al. Menopause in the workplace: What employers should be doing. Maturitas 2016, 85:88-95.


Dott. Mario Pisani  
Specialista in Ginecologia ed Ostetricia
Dirigente medico presso U.O. di Ostetricia e Ginecologia
Ospedale S. Maria della Speranza, Battipaglia

La sindrome genito-urinaria in menopausa: scopriamo insieme di cosa si tratta e come si può affrontare

Se soltanto pochi decenni fa l’interesse per la sessualità femminile era per lo più circoscritto al solo “Vaginite atrofica”, “atrofia vulvovaginale” e “atrofia urogenitale”. Queste erano le denominazioni più ricorrenti prima che venisse introdotto, nel 2014, il termine di “sindrome genito-urinaria” (GSM), tuttora impiegato per indicare il complesso di disturbi fisici e psico-emotivi che si stima possa interessare con entità variabile circa la metà di tutte le delle donne in menopausa (secondo una casistica addirittura fino al 93%). Ad essere più precisi, sulla base dei dati disponibili e per la ragione che illustreremo a breve, questi sintomi possono riguardare anche il 15% delle donne prima ancora di entrare in menopausa e comprendono: fastidi intimi riferibili a secchezza vaginale, bruciore, prurito, infiammazione e irritazione; talvolta episodi di sanguinamento o perdite maleodoranti; necessità di urinare più spesso, spesso nelle ore notturne, bisogno impellente di urinare o difficoltà a svuotare la vescica, fino all’incontinenza urinaria. A questo corteo di manifestazioni si aggiunge un calo della libido e del piacere nell’intimità, fino all’evitamento dei rapporti sessuali in quanto avvertiti come dolorosi (dispareunia). In definitiva, dai disturbi prettamente fisici che riguardano solo l’apparato genitale, l’attenzione si è ampliata includendo anche le implicazioni sulla sfera sessuale e psicoemotiva, tra cui il frequente senso di “perdita” della femminilità così come il calo dell’autostima, gli sbalzi di umore, i disturbi del sonno e un’alterata percezione di sé.

Le cause
Il brusco calo degli estrogeni, associato all’interruzione della funzione ovarica e conseguentemente alla scomparsa del flusso mestruale, è il principale fattore responsabile della GSM poiché determina assottigliamento, perdita di elasticità e ridotta o assente lubrificazione dei tessuti vaginali, che si ripercuotono tutti sulla qualità della vita intima. Non sono rari i casi in cui la donna, soprattutto per imbarazzo, non voglia parlarne con il partner né tantomeno con il ginecologo, nell’erronea convinzione che si tratti di una fase naturale del ciclo vitale femminile e come tale, quindi, da accettare passivamente. Se da un lato questa tappa è inevitabile, dall’altro è possibile cercare di contrastare in maniera efficace i sintomi della GSM. La donna non deve sottacere le proprie preoccupazioni mentre è auspicabile che il ginecologo cerchi di aiutarla instaurando un dialogo aperto ed empatico. È fondamentale infatti comprendere la tipologia e l’intensità dei sintomi per intraprendere un approccio personalizzato, che tenga conto non soltanto delle condizioni cliniche, ma anche delle esigenze e delle preferenze della propria paziente.

L’approccio ragionato e personalizzato
C’è una soluzione ottimale per ogni donna, ma il presupposto essenziale è identificare precocemente la GSM in modo da intervenire con altrettanta tempestività. Le opzioni per il trattamento della GSM fanno capo a tre macrocategorie: le terapie ormonali, di norma prescritte nelle forme ingravescenti ed in assenza di controindicazioni (per esempio tumore del seno); terapie non ormonali, ad uso locale (topico) e/o sistemico che includono acido ialuronico, probiotici, fitoestrogeni, complessi vitaminici, lubrificanti e idratanti; ed infine terapie fisiche che comprendono la radiofrequenza e laser. Lubrificanti e idratanti sono tra le strategie maggiormente apprezzate dalle donne, soprattutto in caso di forme lievi-moderate di GSM o di controindicazione o rifiuto all’impiego di terapie ormonali. I lubrificanti, principalmente gel a base di acqua, silicone o oli vegetali/minerali, vanno impiegati prima dei rapporti sessuali in quanto agiscono in maniera rapida ma di breve durata sulla secchezza e sul dolore percepito al momento dei rapporti intimi. Gli idratanti sono invece caratterizzati da un effetto più duraturo sulla mucosa vaginale. La raccomandazione, qualunque sia l’opzione scelta, resta quella di utilizzare preparati affidabili, sicuri e testati in ambito clinico, accertandosi che non contengano eccipienti e ingredienti aggiuntivi che potrebbero causare irritazione locale. In questo contesto è bene ricordare che l’acido ialuronico è un componente di primaria importanza e può essere impiegato anche in associazione ad altri preparati, come per esempio estrogeni per via topica o sistemica. Va da sé che il ginecologo, anche in questo caso, resta il consigliere più autorevole e prezioso in quanto conosce non soltanto la storia clinica ma anche personalità, abitudini, predilezioni e aspettative di ciascuna delle proprie assistite.

Bibliografia
• Kyveli A, Themos G, Diakosavvas M et al. The genitourinary syndrome of menopause: an overview of the recent data. Cureus, 2020; 12:e7586
• Nappi RE, Martini E, Cucinella L et al. Addressing vulvovaginal atrophy (VVA)/Genitourinary syndrome of menopause (GSM) for healthy aging in women. Frontiers in Endocrinology. 2019; 10:561

Dott. Pietro Mario Lalli

Direttore UOC PO Barletta

Reparto di Ginecologia e Ostetricia

ASL BT – P. O. Barletta

Conoscere e affrontare i disturbi indotti dalla radioterapia

Nell’ambito della patologia neoplastica femminile, la mammella e l’utero sono le localizzazioni più comuni, rispettivamente al primo e al terzo posto in ordine di frequenza. Tra le strategie di trattamento, che devono essere naturalmente valutate e pianificate in relazione alla natura e all’estensione del tumore, la radioterapia viene spesso impiegata sia con intento curativo o radicale, cioè mirato a eliminare le cellule neoplastiche, sia prima (neoadiuvante), durante (intraoperatoria) o dopo (adiuvante) un intervento chirurgico. Malgrado la non invasività, però, la radioterapia può comportare effetti indesiderati e disagi tali da influenzare la qualità di vita, la quotidianità e il benessere intimo della donna. Per questa ragione oggi è quanto mai raccomandato un approccio multidisciplinare e integrato: oltre all’individuazione della terapia più adeguata, valutata da un’équipe di esperti (radioterapista, oncologo, chirurgo), viene dedicata particolare attenzione al supporto psicologico e alla promozione di abitudini corrette, che possono contribuire ad alleviare l’impatto della terapia.

Le implicazioni della radioterapia
Le radiazioni, com’è noto, provocano danni irreversibili al patrimonio genetico delle cellule cancerose, impedendone la moltiplicazione e determinandone la morte. Questo effetto, però, nonostante la maggiore precisione delle strumentazioni attuali, intacca anche i tessuti sani vicini al tumore. A seconda delle caratteristiche di quest’ultimo (sede, dimensioni, conformazione) e della diversa sensibilità della singola donna, gli effetti collaterali possono risultare perciò di entità differente, come pure tendere a manifestarsi precocemente (durante il ciclo di radioterapia o poco dopo) o tardivamente (a distanza di mesi o anni). In generale gli effetti acuti possono essere sistemici, e cioè interessare l’intero organismo (per esempio stanchezza, malessere) oppure localizzati all’area irradiata (diarrea, crampi e gonfiore addominale, fastidio e bruciore alla minzione, irritazione cutanea o alle mucose genitali). Gli effetti tardivi portano spesso a cambiamenti più persistenti delle abitudini intestinali e/o urinarie e a ripercussioni sui rapporti sessuali a causa di secchezza e riduzione dell’elasticità dei tessuti vaginali.

Consigli partici per tutti i giorni

Gli effetti collaterali della radioterapia sono spesso limitati e si risolvono nell’arco di giorni o settimane dopo il completamento del ciclo di trattamento. L’adozione di qualche accorgimento pratico può in ogni caso tornare utile:
• I disturbi urinari: possono essere alleviati bevendo molta acqua, almeno 1,5-2 litri al giorno. È opportuno invece evitare il consumo di caffè, succhi di frutta contenenti acidi e zuccheri che possono avere un effetto irritante sulla vescica aumentando bruciori e lo stato infiammatorio. È sempre opportuno parlarne con il medico di riferimento che, se necessario, potrà prescrivere dei farmaci mirati e analisi periodiche delle urine per escludere possibili infezioni in atto.
• Le alterazioni dell’alvo: per favorire la motilità intestinale, è importante seguire una dieta povera di grassi saturi e con adeguato apporto di acqua e fibre, cercar di mantenere abitudini regolari (orario dei pasti e delle evacuazioni), praticare attività motoria e, se necessario, ricorrere a supposte o clisteri di glicerina o altri farmaci indicati dal radioterapista oncologo.
• Impatto sui rapporti sessuali: la radioterapia induce spesso alterazioni e disturbi assimilabili a quelli tipici dell’età menopausale o, qualora già presenti, ne favorisce il peggioramento. A prescindere da eventuali terapie farmacologiche specifiche che il ginecologo ritenga opportune, va ricordata l’importanza del ricorso a idratanti vaginali: l’acido ialuronico è un componente in tal senso molto apprezzato per contrastare la secchezza e i disturbi ad essa associati.
• Cura della pelle: soprattutto nell’area trattata è opportuno detergere la pelle con acqua tiepida e sapone neutro ed evitare l’esposizione al sole, valutando preventivamente con il radioterapista l’opportunità di impiego di eventuali preparati.

L’uso di terapie mirate, locali e sistemiche, un approccio multidisciplinare e la modificazione delle abitudini, possono contribuire a mitigare gli effetti indesiderati della radioterapia e a migliorare la qualità di vita.

Bibliografia
• Sessualità e cancro. Associazione Italiana Malati di cancro (AIMaC)
• Li Y, D’Addario J, Tymon-Rosario J et al. Benefits of a Multidisciplinary Women’s Sexual Health Clinic in the Management of Sexual and Menopausal Symptoms After Pelvic Radiotherapy. Am J Clin Oncol. 2021 Apr 1;44(4):143-149

Dott.ssa Rossella Ledda

Medico Chirurgo

Specialista in Ginecologia e Ostetricia

Medico abilitato D.E.U.

Formazione specifica in Medicina Generale

Riconoscere e gestire i quattro principali effetti collaterali della menopausa: sintomi vasomotori, atrofia vulvo-vaginale, sbalzi d’umore e disturbi del sonno

La menopausa coincide con il termine della fertilità ed è caratterizzata da un’importante modificazione del profilo ormonale, in particolare dalla riduzione del livello di estrogeni.

La menopausa è normalmente preceduta da un progressivo accorciamento e da irregolarità del ciclo e in alcuni casi può essere più precoce o tardiva oppure indotta dall’asportazione chirurgica delle ovaie o da particolari terapie farmacologiche.

Ogni caso è una storia a sé: le manifestazioni che possono comparire in questo periodo, a partire dal calo del desiderio sessuale, variano notevolmente per tipologia, entità e impatto da una donna all’altra. Conoscerle preventivamente può essere utile ad affrontarle con il giusto livello di serenità e leggerezza, lasciando da parte inutili ansie o timori: la menopausa, infatti, è un momento delicato, non soltanto per la sfera intima ma anche per quella psichica.

Il “quartetto” dei sintomi tipici
I disturbi tipici sono quattro: sintomi vasomotori, atrofia vulvovaginale, disturbi del sonno e alterazioni dell’umore. • Le vampate di calore sono segnalate fino all’85% delle donne in menopausa e nel 55% dei casi si manifestano anche prima dell’inizio delle irregolarità mestruali e la loro frequenza e intensità segue un andamento “a U rovesciata”, con una fase di aumento seguita poi da una graduale riduzione (circa il 25% delle donne continua ad avere vampate di calore fino a 5 o più anni dopo l’ingresso in menopausa). • L’atrofia vulvo-vaginale si correla a una serie di alterazioni del microambiente vaginale, tra cui: assottigliamento della mucosa, che diventa più fragile, riduzione della lubrificazione e aumento del pH locale, che nell’età fertile è spiccatamente acido. Dal 27 al 60% delle donne, secondo alcune stime, lamentano secchezza vaginale o dolore ai rapporti sessuali (dispareunia) proprio a seguito delle alterazioni atrofiche dovute al calo degli estrogeni. Calo che, tra i suoi vari effetti, può anche favorire l’incontinenza urinaria. Va precisato che, a differenza dei sintomi vasomotori, l’atrofia vulvovaginale non migliora nel tempo senza trattamento. • Disturbi del sonno: la durata del sonno registra fisiologicamente una progressiva riduzione con l’avanzare dell’età, e le donne in menopausa lamentano spesso insonnia e frequenti risvegli notturni. Tali disturbi tendono a persistere anche dopo la menopausa, interessando circa la metà della popolazione femminile, e sono influenzati non soltanto dal quadro ormonale ma anche dalle abitudini e da fluttuazioni dell’umore. • Alterazioni dell’umore: i disturbi dell’umore sono solitamente più frequente nelle donne giovani, ma registrano una “ripresa” in prossimità della menopausa, favorita sia, come già accennato, da una scarsa qualità dl riposo notturno, sia da eventi di vita vissuti come negativi o stressanti (per esempio cambiamenti inerenti il nucleo familiare o l’attività lavorativa) e da modificazioni dell’assetto corporeo, come l’aumento di peso..

I disturbi meno noti (ma non meno importanti)
In aggiunta a quelli descritti, la menopausa porta con sé una costellazione di altri possibili sintomi non meno rilevanti e associati a disagio psicofisico, quali: sensazione di stanchezza, dolori muscolo-articolari, rilasciamento dei tessuti, cambiamenti della forma corporea, difficoltà di concentrazione, peggioramento della memoria (riportato da oltre il 70% delle donne), perdita dei capelli, mal di testa e raggrinzimento della pelle. Questi aspetti meno positivi possono essere però tempestivamente contrastati se non addirittura evitati con opportuni accorgimenti comportamentali che il ginecologo potrà indicare unitamente alle strategie di cura eventualmente necessarie in relazione ai disturbi presenti. Per quanto riguarda l’igiene va sottolineato che la combinazione di secchezza, atrofia, riduzione dell’acidità vaginale crea una predisposizione ad arrossamenti, prurito, bruciore e infezioni urinarie, interferendo ulteriormente sulla vita sessuale, sull’autostima e sul benessere complessivo della donna.
Diventa così importante la scelta di detergenti e idratanti per l’area genitale.

Bibliografia
Santoro N, Epperson N, Mathews SB. Menopausal symptoms and their management. Endoicrinol Metab Clin North Am 44(3):497-515, 2015


Dott.ssa Loredana Zingaro 
Dirigente Medico di I Livello C1
AOU San Luigi di Orbassano
Torino

Stress e percezione della menopausa: quale relazione?

Nelle donne è diffusa l’opinione, anzi la convinzione, che eventi stressanti, di natura fisica e/o psico-emotiva, possano aumentare la gravità e la frequenza dei disturbi associati alla menopausa. Alcune, però, ritengono che poter contare su una rete di supporti socio-relazionali, familiari o esterni sia un presupposto fondamentale per poter affrontare meglio questo periodo della vita. Alcuni ricercatori hanno voluto approfondire questa tematica e verificare se lo stress, le tensioni o la quotidianità possano davvero influenzare le problematiche comuni a gran parte delle donne in peri o post menopausa.

La menopausa e lo stress
La relazione tra menopausa e stress è evidente, almeno quando si associa al concetto dei molteplici cambiamenti che l’organismo subisce in funzione del calo della produzione ormonale e della comparsa di numerosi disturbi. Lo confermano oltre 2700 donne, d’età compresa tra 42 e 57 anni di cui il 76% circa impegnata in una relazione stabile, che hanno partecipato allo Study of Women’s Health Across the Nation, una ricerca americana che si era prefissata di indagare in senso quali-quantitativo i sintomi menopausali nella quotidianità delle donne di diverse etnie, e di individuare possibili rimedi per alleviarli. Il dato emerso conferma che i disagi più comuni (lamentati da almeno il 70% delle partecipanti) sono le vampate, le sudorazioni notturne o i sudori freddi, tutti sintomi di natura vasomotoria. A questi eventi fisici si possono poi sommare eventuali stress psico-emotivi, primo tra tutti il sentirsi “meno donna” con la fine del periodo fertile, ma anche eventi personali e/o familiari come la perdita di un affetto importante o il cambiamento del proprio assetto familiare (per esempio l’uscita da casa di un figlio, l’abbandono del partner, il divorzio) e professionale. Va tuttavia rilevato che la percezione dei vari disturbi – e di conseguenza il loro impatto sulla qualità di vita – è quanto mai variabile tra una donna e l’altra e lo stress condiziona tale percezione in maniera assai rilevante. Ma ad acuire i sintomi della menopausa è davvero lo stress o piuttosto la capacità individuale di accettare e/o superare i normali problemi e ostacoli della quotidianità? Secondo i ricercatori sarebbe proprio la capacità e la disposizione con cui la singola donna affronta un evento stressante a condizionare l’intensità e la frequenza con cui essa “vive” la menopausa e i disturbi correlati. Di fronte allo stesso stimolo stressante, infatti, lo studio ha dimostrato che le donne tendenzialmente orientate a un atteggiamento positivo avevano una percezione del 7% inferiore dei propri sintomi rispetto alle donne meno positive, nelle quali l’impatto dei sintomi era risultato di un quinto più elevato.

Il ruolo ‘tampone’ del supporto sociale
Secondo numerosi studi un adeguato supporto sociale, e in particolare la possibilità per una donna di avere un sostegno psicologico (per esempio di confidarsi con una persona di fiducia), contribuisce a ridurre la frequenza e l’entità dei sintomi menopausali con un’efficacia assimilabile a quella ottenuta in altri ambiti, quali tumori, demenza e malattie cardiovascolari. Questa ricerca sembra invece ‘contraddire’ questo modello, negando che il supporto psico-sociale possa ridurre la percezione dei disturbi, in particolare dei sintomi vasomotori della menopausa. Ovviamente la questione rimane aperta anche perché è ben noto che gli studi scientifici possono essere limitati da numerosi fattori, a partire dalla selezione del campione sul quale condurre l’indagine. Al di là, comunque, delle discussioni tuttora aperte il consiglio che si può dare è di vivere al meglio la menopausa, come un naturale evento nella vita di ogni donna, assumendo un atteggiamento improntato alla positività e al dinamismo: per esempio individuando nuovi hobby oppure dedicando regolarmente del tempo alle relazioni sociali, a impegni piacevoli come la lettura, a momenti di svago e all’attività fisica, senza perdere naturalmente di vista la cura del proprio corpo e della salute intima.

Bibliografia
Arnot M, Emmott EH, Mace R. The relationship between social support, stressful events, and menopause symptom. PLoS ONE 16(1): e0245444.

Dott.ssa Daniela Vitolo

Dirigente medico in ginecologia e ostetricia

Ospedale Versilia