La menopausa e i suoi disturbi

La menopausa è una fase importante della vita della donna in cui il calo dei livelli di estrogeni comporta la comparsa di sintomi e cambiamenti nel corpo

La menopausa è un altro grande cambiamento a cui le donne vanno incontro nel corso della loro vita, come il menarca e la gravidanza. Per alcune donne è difficile affrontare ed accettare la menopausa con i suoi numerosi disturbi come gli sbalzi d’umore, l’interruzione del ciclo mestruale, i dolori osteoarticolari, l’osteoporosi, la secchezza vaginale, il calo della libido, il rallentamento del metabolismo e la diminuzione della tonicità muscolare. A peggiorare la situazione possono subentrare stress e depressione, ma con i giusti suggerimenti le pazienti possono migliorare molti aspetti di questa fase, traendo anche alcuni vantaggi.

I disturbi della menopausa sono dovuti fondamentalmente al “terremoto” ormonale a cui si va incontro quando cessa l’attività ovarica, in primis il crollo degli ormoni sessuali femminili – gli estrogeni – che coinvolge il cervello e tutto l’organismo. Per far fronte a questo squilibrio ormonale, possono essere proposti 2 tipi di aiuto: uno naturale e l’altro medico. Il primo consiste nell’integrazione di fitoestrogeni, sostanze naturali presenti in piante che determinano effetti simili agli estrogeni, compensando il calo degli estrogeni in menopausa con benefici sui sintomi. Per ridurre i fastidiosi sintomi di secchezza vaginale, dolore durante l’atto sessuale (dispareunia), prurito e bruciore, tipici del calo di estrogeni che caratterizza la menopausa, molto utili e validi sono anche gli idratanti vaginali specifici: in particolare quelli a base di acido ialuronico ad azione prolungata, in grado di donare un’efficace e duratura idratazione e di facilitare la riparazione delle microlesioni da attrito che si formano nel tessuto vaginale che soffre di secchezza.

Dal punto di vista medico, invece, si può ricorrere alla terapia ormonale sostitutiva, poco in uso in Italia ma che rappresenta sicuramente una possibilità da prendere in considerazione.Trattandosi di una terapia medica vera e propria deve essere valutata dal medico in base al caso specifico, ma l’indicazione generale è quella di avviare il trattamento sin dall’inizio della menopausa, con una durata variabile a seconda della donna.

Si possono poi dare vari consigli da seguire quotidianamente per mantenere uno stile di vita sano e attivo, particolarmente importante durante la menopausa, come per esempio: fare attenzione ad una corretta idratazione, bevendo almeno 1 litro e mezzo d’acqua al giorno e utilizzando creme idratanti su tutto il corpo; seguire una dieta povera di zuccheri e grassi e ricca di frutta, verdura, legumi, cereali, pesce e carni bianche; fare movimento, fondamentale per mantenere la tonicità e la forza muscolare, ridurre i dolori articolari e attivare il metabolismo; ridurre lo stress, concedendosi del tempo per sé stesse per fare ciò che piace, con benefici per il fisico e per la mente.

Anche dopo la menopausa è utile continuare a farsi visitare da un ginecologo, per non sottovalutare piccoli campanelli dall’allarme e fastidi che se sottovalutati possono portare a problemi più seri, in particolare in caso di sanguinamento anomalo, vulvovaginite atrofica (un’infiammazione della vagina che non dipende da microrganismi) e incontinenza urinaria (perdita involontaria di urina).

In caso di sanguinamento vaginale anomalo, la prima cosa da fare è escludere la presenza di tumori ginecologici (all’utero, alle ovaie). Le perdite di sangue dopo la menopausa possono essere dovute, infatti, anche a malattie benigne, come alterazioni del tessuto endometriale o vaginite atrofica.

La vulvovaginite atrofica è un disturbo dovuto alla secchezza e all’assottigliamento dei genitali femminili per assenza di estrogeni. Questa condizione rende più facilmente esposti a infiammazioni e provoca generalmente una sensazione di fastidio, in alcuni casi anche molto acuta ma risolvibile con l’uso di idratanti vaginali a base di acido ialuronico ad azione prolungata o con creme a base di estrogeni.

L’incontinenza urinaria può essere essenzialmente di 2 tipi: da sforzo, quando la perdita avviene in caso di starnuto, colpo di tosse o altri movimenti che richiedono uno sforzo addominale, o da urgenza quando non si riesce a controllare con la volontà lo stimolo di urinare e si sente l’urgenza di correre alla toilette, bagnandosi però di urina prima ancora di raggiungerla. In entrambi i casi la situazione va valutata con il medico, che potrà consigliare una terapia farmacologica o, eventualmente, anche un intervento chirurgico e altre cure.

Dott.ssa Ilaria Dellacasa

Specialista in Ostetricia e Ginecologia

Che cos’è la secchezza vaginale?

La secchezza vaginale è un disturbo che implica la perdita di lubrificazione dell’epitelio della vagina, con comparsa di: prurito, bruciore e dolore

Molto spesso per far capire alle mie pazienti cosa intendo per secchezza vaginale, chiedo loro se hanno percezione della propria vagina. Per percezione della propria vagina intendo essere consapevoli di avere un organo che normalmente, in condizioni di benessere e di equilibrio, non ne viene percepita l’esistenza. È come chiedere se la mano fa male mentre si sta scrivendo un messaggio al cellulare: fintanto che la mano non fa male e la utilizziamo, non si ha consapevolezza di averne una, ma non appena si avverte un dolore al dito, che quindi non è in grado di svolgere la sua funzione senza creare un fastidio, ecco che prendiamo coscienza e consapevolezza di avere una mano e ne percepiamo la presenza nel nostro corpo.

Lo stesso vale per la vagina: se la vagina è in salute e non vi sono alterazioni che ne disturbano il funzionamento non si ha consapevolezza di averla, ma nel momento in cui è presente, per esempio, la secchezza vaginale si avverte allora un fastidio che può essere descrivibile come un prurito, la difficoltà indossare jeans o andare in bicicletta, o semplicemente una spiacevole sensazione al contatto con i foglietti di carta per asciugarsi.

In termini tecnici, la secchezza vaginale è quella condizione che si presenta nelle donne quando i tessuti della vagina non sono ben lubrificati e sani. Normalmente e in età fertile, l’integrità dell’ambiente vaginale è assicurata dalla presenza fisiologica di muco, una sostanza viscosa che ricopre l’epitelio della vagina mantenendolo correttamente idratato e protetto. Quando però questo muco non è più presente per vari motivi e nelle varie fasi della vita della donna, l’epitelio vaginale perde l’idratazione e l’elasticità e iniziano a manifestarsi i sintomi fastidiosi della secchezza vaginale, quali:

-bruciore e prurito

-rapporti sessuali dolorosi

-sanguinamenti anomali durante i rapporti sessuali

-perdite vaginali

Ma quando e perché viene perso lo strato di muco protettivo?

Le cause della secchezza vaginale a seconda delle fasi della vita, possono essere molteplici. Una causa estremamente frequente è l’utilizzo eccessivo ed esagerato di detergenti intimi, poiché molto spesso ci dimentichiamo che la vulva – ossia la parte esterna della vagina – è di fatto ricoperta di pelle. Di conseguenza, se si facessero 5 docce al giorno con il bagnoschiuma tutti i giorni, per una settimana, senza reidratare la pelle con creme per il corpo, si avvertirebbe un prurito diffuso e generalizzato a livello di tutto il corpo perché la pelle diventerebbe secca.

Lo stesso può accadere a livello dei genitali esterni, che sono sottoposti troppo spesso e volentieri ad un’inappropriata e continua detersione intima, nell’idea che una maggiore “sterilizzazione e igiene” delle parti intime equivalga a un maggiore stato di salute e di benessere. Questo è in realtà un comportamento sbagliato: i detergenti intimi sono spesso troppo aggressivi, eliminando quello che è lo strato idrolipidico, ovvero lo strato di muco che di fatto protegge la cute dagli agenti esterni.

Va sottolineato che il prurito da secchezza può provenire anche dalle parti più interne, e in questo caso all’origine vi è un’alterazione del microbiota vaginale, ossia di quel complesso ecosistema che tiene in equilibrio la flora vaginale e i batteri presenti.

Questo sta ad indicare che esiste quindi una sostanziale ed importante differenza tra la secchezza vaginale e la secchezza vulvare, poiché con la prima s’intende il coinvolgimento dei tessuti interni della vagina mentre con la seconda s’intende l’interessamento dei genitali esterni (vulva).

La secchezza vulvare ha sostanzialmente 2 cause principali:

1) cause biologiche e legate all’invecchiamento dei genitali con l’età e con la menopausa, in cui è coinvolto il calo dei livelli di estrogeni che comporta la perdita di lubrificazione e nutrizione del tessuto;

2) cause legate agli stili di vita, ossia l’eccessiva igiene e l’uso di detergenti aggressivi più volte al giorno, che comportano l’asportazione dello strato protettivo di muco che mantiene l’idratazione ottimale.

Anche nella secchezza vaginale intervengono 2 cause:

1) cause biologiche, che implicano riduzione dei livelli di estrogeni con l’età e perdita dello strato di muco, nonché alterazioni dell’equilibrio nel microbiota vaginale;

2) cause psicosessuali, cioè legate ad un vissuto conflittuale col rapporto sessuale.

Dott.ssa Ilaria Dellacasa

Specialista in Ostetricia e Ginecologia

Che cos’è la cistite?

La cistite è un’infezione delle vie urinarie, molto fastidiosa, che colpisce soprattutto le donne. Esistono diverse cause e manifestazioni di questa patologia.

La cistite è un’infiammazione della parete vescicale frequentemente provocata da un’infezione che colpisce le vie urinarie.
Le vie urinarie sono un sistema che conduce l’urina attraverso due tubicini, gli ureteri, dal rene alla vescica che funziona da serbatoio. L’urina viene emessa all’esterno con  l’atto della minzione attraverso un altro breve condotto che si chiama uretra

 Esiste un corollario tipico di sintomi, che fanno porre il sospetto di cistite, e sono: 

• Difficoltà alla fuoriuscita dell’urina che viene eliminata goccia a goccia 

• Dolore e bruciore nell’urinare che persiste anche dopo la fine della minzione 

• Dolore sovra pubico accompagnato dalla sensazione di non aver svuotato completamente la vescica 

• Bisogno continuo di urinare, pur senza che vi sia poi così tanta urina, come sembrava 

• Talvolta perdita di sangue con l’urina 

Questi sintomi possono essere presenti tutti o in parte, e possono accompagnarsi a torbidità delle urine, che potrebbero anche avere odore sgradevole. 

Ma per quale motivo sono le donne ad essere le più colpite? 

Il fattore più importante che predispone all’acquisizione dell’infezione è dovuto alla diversa conformazione anatomica dell’ultimo buchino nella donna rispetto all’uomo, l’uretra. La brevità dell’uretra femminile che misura circa 3-4 cm e la vicinanza alla vagina e al retto costituiscono fattori di maggior rischio e maggiore prevalenza dell’infezione delle vie urinarie nella donna. È per questo, infatti, che i batteri provenienti dall’intestino possono raggiungere il condotto uretrale e da qui risalire in vescica. 

La colonizzazione può essere favorita dalle secrezioni normalmente presenti in vagina. 

Ne deriva di conseguenza che un ambiente vaginale sano rappresenti la prima linea di difesa alla risalita dei batteri, soprattutto una vagina ben colonizzata da lattobacilli. 

È stato dimostrato che le variazioni ormonali tipiche delle donne sono in grado di influenzare in bene o in peggio la capacità di alcuni batteri di risalire lungo l’uretra e approdare in vescica. Ciò potrebbe spiegare perché le cistiti nelle donne si presentano spesso a intervalli regolari. 

Ma come mai la vescica non si difende da sola? Ebbene in realtà essa dispone di diverse armi, ma potrei riassumere tutto in tre fattori: 

-Il primo è rappresentato da sostanze sintetizzate dalla vescica stessa, che formano uno strato protettivo, quasi scivoloso, in grado di impedire l’adesione dei batteri patogeni alla parete della vescica e quindi la loro risalita 

-Un secondo meccanismo di difesa è legato alla presenza nelle urine di una sostanza prodotta dal rene, chiamata uromucoide, che intrappola i batteri, aggrovigliandoli e rendendoli impotenti, affinché siano allontanati con la minzione 

-Il terzo, direi il più importante, è proprio la minzione regolare ed efficiente, motivo per cui la prima medicina naturale che prescrivo alle pazienti è il bere acqua. 

La causa più comune della cistite è l’origine batterica. Esiste anche una cistite causata dalla radioterapia o la cistite di tipo interstiziale. 

Di base la  cistite batterica, ovvero la più frequente e la più nota, si manifesta quando la vescica si infiamma, in maniera acuta o cronica, a causa di germi intestinali che colonizzano la vagina, come l’Escherichia coli,  Proteus, o l’Enterococcus.

L’identificazione dell’agente infettante attraverso l’urinocultura è importante per la diagnosi e per la terapia specie nelle cistiti ricorrenti, anche per escludere altre condizioni patologiche dell’apparato urogenitale, di natura non infettiva, che possono simulare i segni e i sintomi di un’infezione urinaria.

Dott.ssa Ilaria Dellacasa

Specialista in Ostetricia e Ginecologia

Che cos’è la flora vaginale?

La flora vaginale (o ecosistema vaginale) è l’insieme di microgranismi che popolano normalmente la vagina, proteggendola e cercando di mantenerla in salute

Per comprendere cosa sia la flora vaginale (o ecosistema vaginale) bisogna innanzitutto fare mente locale che la vagina non è un ambiente sterile e asettico ma è normalmente popolata da microbi. Nella vagina convivono infatti numerosi microrganismi che nel loro insieme costituiscono una popolazione vivente che viene chiamata microbiota. Si tratta di una convivenza fra diversi tipi di germi – come funghi e batteri – il cui compito è quello di difendere la vagina da aggressioni da parte di microrganismi provenienti dall’esterno.

Questi germi convivono serenamente fra di loro e, condividendo lo stesso spazio in perfetta armonia, riescono a mantenere in buona salute la vagina delle donne sane. Si pensa spesso che la Candida, una tra le infezioni vaginali più conosciute e tra i nemici più insidiosi della donna, sia un “qualcosa” che proviene dall’esterno. Così come quando si presenta un’infezione batterica si è convinti che questa provenga dall’ambiente esterno. In realtà, tutto ciò è in buona parte inesatto.

La flora vaginale è quindi un insieme estremamente variegato di microbi in cui l’equilibrio è mantenuto in particolare da una classe di batteri chiamati lattobacilli, ovvero i bacilli di Doderlein. Essi hanno la funzione di produrre l’acido lattico, ossia la sostanza che ha il compito di dare il giusto livello di acidità all’ambiente vaginale e far sì che tutti i microbi che convivono nella vagina possano vivere senza creare fastidi; un livello sufficientemente acido dell’ambiente vaginale (pH intorno a 4,5) ha una funzione protettiva e fa sì che i batteri potenzialmente cattivi non possano moltiplicarsi; ma quando l’ambiente vaginale diventa meno acido per varie cause fisiologiche o meno, succede che questi batteri da innocui abitanti della vagina si trasformano in fastidiosi nemici per la donna.

La flora vaginale subisce importanti modifiche nelle diverse fasi della vita della donna, quindi nella pubertà, nell’età fertile e in menopausa. In particolare, i lattobacilli non sono presenti nella vagina prima della pubertà; successivamente, in età fertile il microbiota è costituito prevalentemente (90% circa) da lattobacilli, per arrivare poi in menopausa ad avere un microbiota più simile a quello della bambina.

Questo diverso equilibrio nella composizione batterica a livello della vagina è regolato dai diversi profili ormonali che contraddistinguono le diverse fasi di vita della donna. Difatti, la produzione di acido lattico da parte dei lattobacilli è infatti influenzata dai livelli degli ormoni sessuali femminili, gli estrogeni, che regolano la produzione di zucchero da cui si origina l’acido lattico presente nel tessuto vaginale.

In particolare alla nascita, durante il parto, la vagina della neonata viene colonizzata da microrganismi già presenti nella vagina della mamma. Subito dopo la nascita la vagina della bimba ha caratteristiche simili a quella della mamma per l’influenza degli estrogeni materni. In seguito, man mano che i livelli di estrogeni nel sangue calano, la vagina della neonata diventa sottile (atrofica) e si riduce il suo contenuto di zucchero, per cui l’ambiente vaginale diventa meno acido (cioè aumenta il pH): a questo punto il microbiota vaginale della neonata è costituito soprattutto da batteri, che costituiranno la flora vaginale per tutta l’infanzia fino alla pubertà.

In occasione della prima mestruazione, con la ricomparsa degli ormoni femminili e le modificazioni del tessuto vaginale, la donna cambia la propria flora vaginale, che risulta dominata nell’età fertile dai lattobacilli di Doderlein. La menopausa è caratterizzata invece da un ambiente ormonale più simile a quello della bambina.

Oltre alle influenze degli ormoni, le variazioni del pH vaginale possono essere dovute a numerosi “traumatismi” che portano a modificazioni della composizione della flora vaginale, come per esempio un’errata o esagerata igiene intima, l’utilizzo improprio di farmaci “fai da te” applicati localmente, gli antibiotici, le terapie ormonali e lo stress.

Dott.ssa Ilaria Dellacasa

Specialista in Ostetricia e Ginecologia

La candida: un’amica-nemica

La visita ginecologica anLa candida convive normalmente con i batteri che fanno parte della flora vaginale. Fattori di disturbo, stile di vita scorretti possono favorire la sua crescita.

Che cos’è la Candida? Un nemico che ci attacca e ci invade quando siamo meno forti e meno difesi? Un mostro cattivo da distruggere?

Ebbene, in realtà questo è uno dei tanti “falsi miti” che ci ha condizionati ad abusare per tanti anni di antimicotici a somministrazione per via orale o locale.

Va specificato difatti che la Candida è un fungo presente normalmente nell’organismo degli uomini e delle donne. In condizioni di normale equilibrio il fungo risiede sia a livello dell’intestino che a livello della vagina. A livello vaginale essa convive tranquillamente in armonia col complesso di batteri che costituiscono la cosiddetta flora vaginale. In condizioni di benessere e di corrette abitudini della donna, la candida e le sue spore sono in grado di crearsi l’ambiente adatto dove continuare a crescere, fornendo anche un aiuto al mantenimento di un corretto pH vaginale.

Ma allora perché a volte la Candida s’incattivisce con la donna che normalmente la ospita e diventa fastidiosamente invasiva, causando rossore e perdite biancastre, simili a ricotta e dallo sgradevole odore di latte acido?

Perché fattori di disturbo come gli antibiotici, le difese immunitarie ridotte, i forti stress, l’alimentazione scorretta o gli stili di vita sbagliati sono in grado di alterare il pH vaginale e spodestare i batteri della flora vaginale (lattobacilli), favorendo la comparsa di spazi vuoti. Ed è proprio in questi spazi vuoti che la Candida, normalmente tranquilla e quieta nel suo angolino, inizia a crescere in maniera incontrollata, si trasferisce e prolifera, dando origine alla “candidosi” con le sue manifestazioni tristemente note.

Questa nuova “occupazione vaginale” porta alla comparsa di sintomi che di solito, nel caso delle candidosi “acute” (cioè temporanee), consistono in un intenso prurito con arrossamenti (eritemi) e gonfiore dei genitali esterni, con presenza, talvolta, delle note abbondanti perdite biancastre. Se questi episodi si ripresentano per più di 4 volte l’anno si parla di candidosi “ricorrente o recidivante”, di solito associata ad una sintomatologia meno intesa, con perdite meno abbondanti ma con presenza di un dolore persistente che rende difficoltosi – se non impossibili – i rapporti sessuali.

Qual è l’errore più comune che le pazienti riferiscono di aver commesso in caso di sospetta infezione da candida? Ebbene l’errore più comune è quello di avere fatto sciacqui con lavande vaginali a caso, con la convinzione che queste possano “pulire per bene”. Ebbene, se il trattamento intrapreso è inadeguato, questo può in realtà creare un ulteriore danno: bisogna difatti considerare che in condizioni di normale equilibrio la flora vaginale svolge la funzione di “guardiano” dell’equilibrio dell’ambiente vaginale; se si utilizzano quindi trattamenti eccessivamente aggressivi o sbagliati si corre il rischio di danneggiare proprio i guardiani all’interno della flora vaginale – magari i pochi superstiti che stavano cercando di rinforzarsi -, i quali sono poi gli unici che sono potenzialmente in grado di riportare l’equilibrio fisiologico.

Un altro errore comunemente commesso è quello di utilizzare detergenti intimi eccessivamente aggressivi che tolgono lo strato costituito da sostanze grasse (lipidi) che normalmente difende i genitali esterni dagli attacchi di microrganismi. In questo caso il detergente farà un ulteriore danno: difatti in presenza di candidosi è estremamente frequente che vi siano abrasioni a livello della vulva causate dal continuo grattamento, nelle quali possono insediarsi altri microbi (per esempio batteri); queste abrasioni non essendo più protette dallo strato lipidico possono diventare di conseguenza la sede di un’infezione batterica che si sovrappone alla candidosi.

Appare chiaro come la soluzione terapeutica corretta e vincente debba essere prospettata ed avviata da un ginecologo; le terapie prescritte comprenderanno il ripristino della flora vaginale, la regolarizzazione della funzionalità intestinale e, se necessario, anche trattamenti a lungo termine con antimicotici locali o per via orale.

Dott.ssa Ilaria Dellacasa

Specialista in Ostetricia e Ginecologia

La cistite nelle età della donna

La cistite è un’infiammazione della vescica provocata da un’infezione che che colpisce le vie urinarie e i suoi sintomi possono manifestarsi in modo diverso

La cistite nelle bambine

Le bambine, peraltro sane, possono presentare frequentemente episodi di cistite. La risalita dei batteri patogeni dall’uretra è facilitata a questa età soprattutto da un’errata igiene. È necessario insegnare loro sin da piccole a lavare i genitali in maniera corretta, dall’avanti all’indietro, e abituarle all’igiene personale ogni volta che si usa il bagno; sarebbe opportuno utilizzare un detergente lievemente acido e abituarle a svuotare la vescica in maniera regolare, cosa che frequentemente trascurano quando sono occupate nei giochi. È opportuno che venga adottata una corretta alimentazione affinché sia mantenuto costante l’equilibrio della flora batterica intestinale, condizione necessaria per una sua regolare funzione.

La cistite nella giovane donna

La cistite non complicata si osserva con molta frequenza nelle adolescenti e nelle giovani donne. La cistite è provocata nell’80% dei casi dall’Escherichia coli. È importante non confondere una cistite con una vaginite. Le vaginiti si accompagnano quasi sempre a perdite vaginali e in genere non presentano dolore nell’urinare né dolore sovrapubico. A questa età la causa della cistite è spesso rappresentata dal rapporto sessuale (in genere l’intervallo di comparsa dei sintomi è di 24/48 ore). La risalita batterica dall’uretra alla vescica è facilitata dal rapporto sessuale in maniera meccanica. Inoltre l’uso di creme spermicide può facilitare l’infezione perché alterano l’ecosistema vaginale e permettono la colonizzazione dei patogeni. Se gli episodi si ripetono con frequenza sarebbe opportuno valutare il partner e indirizzarlo ad esami specifici. La cistite nella giovane donna può essere anche abatterica, legata al microtrauma prodotto sull’uretra dal rapporto sessuale, specialmente quando coesiste scarsa lubrificazione.

La cistite in gravidanza

Le modificazioni ormonali tipiche della gravidanza sono responsabili della maggiore predisposizione alle infezioni urinarie in gravidanza. L’aumento del progesterone diminuisce il tono dell’uretere e dell’uretra alterandone i normali movimenti. Si aggiunge a ciò la ricchezza nelle urine di substrati nutritivi per i germi. Una batteriuria asintomatica è presente nel 2-8% delle donne gravide.

La cistite nella terza età

Le cistiti nella donna anziana sono legate all’Escherichia coli nel 75% dei casi ma anche a molte altre specie di batteri. Infatti si assiste ad atrofia delle mucose; aumento del rischio di contaminazione uretrale per aumento delle disfunzioni intestinali, quali la stipsi; diminuzione delle difese proprie vescicali e diminuzione in generale delle difese immunitarie.  La maggior parte delle donne anziane ha presenza di batteri nelle urine senza alcun sintomo, per cui è opportuno far precedere alla terapia antimicrobica un miglioramento delle condizioni che la determinano:

-migliorare la funzione intestinale (alimentazione corretta e attività fisica)

-migliorare il trofismo dei genitali esterni (terapie topiche)

-migliorare le difese immunitarie

La cistite in menopausa

La carenza di estrogeni altera l’ecosistema vaginale, aumentando localmente la capacità di colonizzazione da parte di batteri. Le stesse variazioni ormonali determinano una riduzione della lubrificazione vaginale che, accompagnata da un’iniziale atrofia delle mucose, crea le condizioni che predispongono a vaginiti batteriche o irritative: la porta d’ingresso alle cistiti. È possibile, inoltre, che a questa età siano presenti piccoli prolassi vescicali, responsabili di svuotamento incompleto delle urine. Il residuo post-minzionale che ne deriva diventa responsabile di ripetuti episodi di cistite. In tali circostanze la terapia sostitutiva locale, con ovuli e creme a base di estrogeni, può favorire il trofismo delle mucose. Un programma riabilitativo perineale può, inoltre, migliorare lo svuotamento vescicale.

Arriva il momento della visita ginecologica

La visita ginecologica annuale è fondamentale per controllare la salute dell’apparato genitale femminile e per diagnosticare in tempo patologie o disturbi

Perché è importante sottoporsi ad una visita ginecologica ogni anno? La risposta è facile e semplice: per un discorso di prevenzione. Perché anche in caso di benessere e di assenza di sintomi particolari il nostro corpo potrebbe nascondere piccoli problemi di salute, che se affrontati in tempo possono risolversi con facilità, ma se ignorati essi potrebbero aggravarsi e vanificare le possibilità di guarigione, proprio come accade per i tumori.

Durante la visita ginecologica annuale il ginecologo procederà ad esaminare la salute dell’apparato genitale femminile seguendo una sequenza standard di procedure cliniche così articolate:

1) innanzitutto inizierà ad esaminare i genitali esterni (vulva, grandi e piccole labbra) per controllare che non ci siano lesioni o particolari alterazioni come ad esempio i condilomi (che sono escrescenze causate dal pericoloso papillomavirus), o zone di colorazione diversa da come dovrebbero essere fisiologicamente;

2) inserirà poi lo speculum, strumento indispensabile per esaminare la parte interna della vagina che è sempre temuto dalle pazienti. Durante questa parte dell’esame il segreto per non sentire fastidio è quello di rilassarsi concentrandosi: sembra una contraddizione di termini poiché sembra impossibile potersi rilassare e contemporaneamente concentrarsi, ma di fatto si tratta di 2 compiti necessari per aiutare il ginecologo a portare avanti l’esame senza che la donna provi troppo fastidio. In questa fase la donna è importante che contragga la parte bassa dei glutei per favorire il rilassamento della muscolatura della parte bassa dell’addome (il cosiddetto pavimento pelvico), che altrimenti resterebbe contratta e renderebbe più difficoltoso e fastidioso l’inserimento dello speculum.

L’esame con questo strumento è indispensabile per verificare la presenza di eventuali alterazioni della flora vaginale, come perdite più o meno maleodoranti, o alterazioni nella conformazione della stessa vagina. Il ginecologo potrà inoltre controllare il collo dell’utero e prelevare un po’ di cellule con un particolare spazzolino e una spatolina di legno (chiamati rispettivamente citobrush e spatola di Eyrie) che vengono strisciati sul collo dell’utero. Questo esame è il famoso pap-test ed è indispensabile per diagnosticare il tumore della cervice uterina anche in fasi iniziali;

3) la fase successiva della visita ginecologica è quella bimanuale, ossia il momento in cui – dopo aver ovviamente rimosso lo speculum – il ginecologo, inserirà un dito in vagina e ponendo una mano sulla pancia andrà a “sentire” l’utero e le ovaie. Questa manovra provoca normalmente un po’ di fastidio, ma non dolore; se la donna avvertisse dolore allora lo specialista sarà intenzionato a fare ulteriori accertamenti;

4) a seguire viene effettuata un’ecografia pelvica, che può essere eseguita o sulla pancia a vescica piena in caso di ragazze che non abbiano avuto rapporti sessuali, o per via transvaginale in caso di donne che abbiano già avuto rapporti. L’ecografia serve per valutare l’eventuale presenza di patologie a livello dell’utero e delle ovaie, che in questo modo potranno essere visualizzate sullo schermo dell’ecografo e il ginecologo potrà così vederle e individuarne l’esistenza;

5) l’ultima fase della visita consiste nella valutazione del seno, tramite la palpazione o l’ecografia al fine di verificare l’eventuale presenza di alterazioni o lesioni delle mammelle, tra cui i tumori.

Tutti questi passaggi si svolgono in un tempo che mediamente richiede dai 15 ai 20 minuti.

Una parte fondamentale della visita ginecologica resta comunque il colloquio vero e proprio tra lo specialista e la paziente, che può talvolta richiedere anche più tempo, perché se alle donne vengono poste le giuste domande, durante la visita ginecologica possono emergere problematiche che a volte le donne stesse hanno timore o vergogna di riferire, come per esempio disturbi nelle attività quotidiane e disfunzioni sessuali legate al fastidioso problema della secchezza vaginale.

Va da sè che il rapporto col proprio ginecologo diventa molto spesso un po’ un rapporto «confidenziale» tale per cui nel corso dell’abitudinaria visita può emergere tutta una serie di problematiche anche non strettamente ginecologiche.

Dott.ssa Ilaria Dellacasa

Specialista in Ostetricia e Ginecologia

La relazione tra contraccezione e secchezza vaginale

Tra i metodi contraccettivi, quello ormonale è uno tra i più utilizzati, tuttavia, questi farmaci possono causare effetti indesiderati come: calo di desiderio, dell’eccitabilità e del piacere e secchezza vaginale

Sessualità e contraccezione sono da sempre elementi importanti nella relazione di coppia. Un rapporto appagante richiede la possibilità di sentirsi liberi di esternare emozioni e sperimentare desideri e sensazioni.

Tra i metodi contraccettivi, quello ormonale è uno tra i più utilizzati, grazie alla comodità, all’efficacia e alla sicurezza. Agisce inducendo la soppressione dell’ovulazione e impedendo così il concepimento, svincolando in tal modo la sessualità dalla riproduzione.

Tuttavia, questi farmaci possono causare effetti indesiderati, come il calo di desiderio, dell’eccitabilità e del piacere, la secchezza vaginale e il dolore durante i rapporti (dispareunia). Tali disturbi possono essere aggravati da fattori psicologici, interpersonali, culturali e sociali collegati all’assunzione di contracettivi ormonali.

Emerge chiaramente come tutti questi elementi siano collegati fra loro: per esempio la diminuzione del desiderio, così come il dolore durante il rapporto possono essere causati dalla secchezza vaginale. Quest’ultima, insieme alla dispareunia, può a sua volta essere responsabile di una diminuzione dell’interesse verso la sessualità, che non può non coinvolgere, nel tempo, entrambi i partner. Riservatezza o timidezza possono impedire il dialogo su questi temi nella coppia danneggiando così l’intesa sentimentale.

Cosa fare
Uno dei principali problemi da affrontare, a monte di numerosi disagi, è quello della secchezza vaginale. Alcune abitudini virtuose possono rendere più piacevoli i momenti con il proprio partner, aiutando a limitare o superare i potenziali effetti collaterali del contraccettivo, a cominciare dalla diminuita lubrificazione. Innanzitutto, è bene utilizzare sempre un detergente intimo con pH adeguato all’ambiente vaginale e all’età, con proprietà reidratanti: può aiutare a mantenere la salute delle mucose, contrastando la perdita di elasticità e tonicità dei tessuti vaginali. Inoltre, il ginecologo potrà consigliare prodotti a base di acido ialuronico, per esempio in gel od ovuli, in grado di proteggere e mantenere idratata nel tempo la mucosa vaginale, oltre che di favorire il processo di guarigione delle eventuali microlesioni da attrito, responsabili del dolore durante i rapporti. Un importante consiglio, infine, è quello di non semplificare il problema. Il desiderio, soprattutto nella donna, è influenzato da numerosi fattori. Non bisogna dimenticare che, nell’intesa intima, svolgono ruoli cruciali lo stress, l’ansia, la mancanza di autostima o sicurezza in sé, per esempio per la preoccupazione di non essere abbastanza avvenente, o l’avere scrupoli morali. In alcuni casi, l’aspetto socioculturale può avere un peso rilevante. Le opinioni sociali o religiose, un’educazione troppo rigida, e/o la mancanza di preparazione in ambito sessuale possono infatti contribuire alle disfunzioni sessuali. Il dialogo, per appianare eventuali incomprensioni o tensioni, così come per condividere paure, dubbi e frustrazioni, rappresenta un ottimo punto di partenza. È particolarmente importante non farsi prendere dall’ansia: è una pessima consigliera. Al contrario, dedicare ai propri momenti di intimità più attenzioni, maggiore frequenza e soprattutto tempo, può contribuire ad accrescere sia l’intesa che l’eccitazione e quindi a raggiungere una migliore lubrificazione. Infine, per la donna è importante rilassare i muscoli del pavimento pelvico. Tecniche di rilassamento, stretching o yoga possono fornire un ottimo aiuto in tal senso.

Bibliografia
Casey PM et al. Impact of Contraception on Female Sexual Function. J Womens Health (Larchmt). 2017 Mar;26(3):207-213.

Vaginal dryness. NHS. https://www.nhs.uk/conditions/vaginal-dryness/

Contraccezione e sessualità. http://sessuologiaclinicaroma.it/contraccezione-e-sessualita/

Dott. Mario Polichetti

Specialista In Ginecologia

Azienda Ospedaliera Universitaria di Salerno

Igiene intima in gravidanza: le corrette abitudini

L’igiene intima in gravidanza va protetta, sia per il benessere e la salute della donna, sia per quella del nascituro; le corrette abitudini sono fondamentali.

L’igiene intima in gravidanza va protetta, sia per il benessere e la salute della donna, sia per quella del nascituro; a questo proposito, le corrette abitudini possono fare la differenza. Ogni mamma desidera il massimo per suo figlio, trascurando a volte il fatto che, per dargli il meglio, deve anche avere una corretta cura di sé.

Certo, la natura già predispone l’organismo nel migliore dei modi per affrontare la gestazione. Il corpo femminile, infatti, si trasforma anche a livello genitale: il pH intimo diminuisce (quindi aumenta l’acidità) e si verifica un incremento delle secrezioni vaginali. Tali secrezioni acide hanno un compito molto importante: proteggono dalle infezioni. Si tratta di un meccanismo fisiologico meravigliosamente efficace, che serve a tutelare la donna e il nascituro.

Tuttavia, durante la gestazione frequentemente le donne sentono fastidi, e non solo per le perdite abbondanti. Non di rado, infatti, vengono segnalati bruciori, prurito, rossori. Anche un’igiene non corretta potrebbe esserne responsabile, perché potrebbe alterare questo delicato equilibrio. Per esempio, un sapone troppo alcalino potrebbe risultare aggressivo, rendere meno acido il pH vaginale ed esporre così al rischio di irritazioni e aggressioni batteriche. In questa fase della vita della donna sono per esempio frequenti le infezioni urinarie che, sebbene in genere siano facilmente risolvibili, possono in rari casi portare a problemi di salute per la madre e il neonato, come travaglio prematuro e ipertensione. La prevenzione, come sempre, è la migliore difesa.

Come prendersi cura di sé correttamente?
Una corretta igiene intima in gravidanza aiuta non solo sentirsi maggiormente a proprio agio e freschi, ma anche a prevenire le infezioni. Oltre a lavarsi quotidianamente, la donna deve prestare attenzione a preservare le difese naturali già presenti nell’area genitale. Ecco perché la scelta del detergente intimo diventa particolarmente importante. Certo deve rimuovere le abbondanti secrezioni tipiche delle donne incinte, ma questo non basta: deve rispettare e allo stesso tempo proteggere l’area genitale. È quindi preferibile che sia a pH leggermente acido, reidratante e che abbia un’azione antimicrobica per prevenire le vaginiti. Alcune precauzioni nella vita quotidiana consentono di vivere con più serenità la gravidanza. La scelta degli indumenti, per esempio, è importante: l’obiettivo è quello di permettere la traspirazione e di evitare gli attriti meccanici che potrebbero dare origine a irritazioni. È consigliabile indossare biancheria intima di cotone, possibilmente bianca, ed evitare i tessuti sintetici. È bene che gli abiti siano in fibre naturali e non troppo attillati e stretti. Le perdite abbondanti inducono spesso a ricorrere al salvaslip. Anche in questo caso alcuni accorgimenti possono aiutare a evitare fastidiose irritazioni: cambiarli di frequente, preferire quelli in fibre naturali, limitare il loro uso a quando strettamente necessario. Impostare corrette abitudini in bagno può dare un aiuto in più. Per esempio, la doccia, con un tappetino antisdrucciolo sul pavimento, è preferibile alla vasca: uscire da quest’ultima, per una donna sbilanciata dal peso del nascituro, può essere impegnativo e comportare un maggiore rischio di pericolose cadute. La temperatura dell’acqua non deve essere troppo calda, per evitare un’eccessiva vasodilatazione. Il movimento di pulizia dell’area genitale deve essere sempre effettuato con movimenti che vanno dal davanti verso l’indietro e mai viceversa, per evitare la contaminazione dovuta ai germi presenti nella zona rettale, inoltre è bene usare l’asciugamano intimo da una parte per l’area vaginale, dall’altra per quella anale. Alla donna in gravidanza è consigliabile una moderata attività fisica che aiuta da una parte al consumo di calorie che contribuisce a tenere sotto controllo l’aumento ponderale, dall’altra l’attivazione della circolazione sanguigna con la conseguente diminuzione degli edemi declivi. Anche se l’attività ideale rimane sempre la “passeggiata veloce”, molte donne preferiscono frequentare la palestra o la piscina, condizioni che possono esporre a germi patogeni: in questi casi è importante prestare maggiore attenzione all’igiene. In ogni caso, in presenza di fastidi, come prurito, bruciore o altro, è consigliabile rivolgersi al ginecologo, evitando l’autoprescrizione. Si tratta di consigli semplici da seguire, ma che possono fare la differenza nell’assicurare un benessere intimo soddisfacente.

Bibliografia
Albani et al. La detersione idratante: efficacia e tollerabilità di nuove formulazioni a base di acido ialuronico 0,2% per l’igiene intima della donna in età fertile e in menopausa. Minerva Ginecologica 2018;70 https://www.minervamedica.it/it/riviste/minerva-ginecologica/articolo.php?cod=R09Y2018N02A0220

Pete PMN et al. Genital hygiene behaviors and practices: A cross-sectional descriptive study among antenatal care attendees. Journal of Public Health in Africa 2019; volume 10:746

Igiene intima in gravidanza: preservala così http://www.sosostetrica.it/igiene-intima-gravidanza-preservala-cosi/

Dott. Claudio Paolo Azzini

Direttore Sanitario dell’Istituto Medico Toscano di Prato

Dispareunia: un sintomo comune nel post-partum

Nel corso dell’età fertile il dolore ai rapporti sessuali, meglio noto come dispareunia, viene riportato dal 14 al 34% delle donne, ma dopo il parto la sua frequenza può salire fino al 60% e rimanere elevata anche per 12-18 mesi. Le cause in gioco sono diverse, a partire dalle sollecitazioni e lacerazioni a cui vengono sottoposti i tessuti pelvici. Il fatto, però, che la dispareunia interessa anche le donne sottoposte a taglio cesareo suggerisce che lo stress meccanico, per quanto rilevante, non è di fatto il principale fattore responsabile. Un altro elemento da non trascurare, infatti, è l’allattamento: secondo una comune interpretazione, infatti, il calo di estrogeni, che caratterizza il profilo ormonale femminile in questo periodo, favorisce l’assottigliamento della mucosa vaginale (atrofia), rendendola più debole.

Uno studio di approfondimento
Uno studio ha osservato la presenza di atrofia nel 17% delle donne che allattavano al seno, a distanza di 4 settimane dal parto, l’80% delle quali lamentava dispareunia. Un gruppo di ricercatori, con l’obiettivo di approfondire la problematica, ha raccolto 117 donne che si sono via via presentate per il follow-up post-partum, alle quali, oltre ai controlli tradizionali, è stato proposto un questionario per valutare specificamente la dispareunia. L’atrofia vaginale è stata rilevata con tre modalità: la visita ginecologica, che l’ha riscontrata nel 48% dei casi, la determinazione del pH locale (un valore superiore a 5,1, considerato compatibile con atrofia, è emerso nel 62%) e l’esame microscopico, che ha documentato la diagnosi nel 40% della popolazione esaminata. Poco più di un terzo delle donne aveva ripreso i rapporti sessuali, che sette volte su dieci sono stati riferiti come dolorosi, il più delle volte – altra importante osservazione da evidenziare – in associazione a secchezza vaginale.

Uno studio di approfondimento
Uno studio ha osservato la presenza di atrofia nel 17% delle donne che allattavano al seno, a distanza di 4 settimane dal parto, l’80% delle quali lamentava dispareunia. Un gruppo di ricercatori, con l’obiettivo di approfondire la problematica, ha raccolto 117 donne che si sono via via presentate per il follow-up post-partum, alle quali, oltre ai controlli tradizionali, è stato proposto un questionario per valutare specificamente la dispareunia. L’atrofia vaginale è stata rilevata con tre modalità: la visita ginecologica, che l’ha riscontrata nel 48% dei casi, la determinazione del pH locale (un valore superiore a 5,1, considerato compatibile con atrofia, è emerso nel 62%) e l’esame microscopico, che ha documentato la diagnosi nel 40% della popolazione esaminata. Poco più di un terzo delle donne aveva ripreso i rapporti sessuali, che sette volte su dieci sono stati riferiti come dolorosi, il più delle volte – altra importante osservazione da evidenziare – in associazione a secchezza vaginale.

L’interpretazione dei risultati
Un primo rilievo importante emerso dallo studio conferma che la dispareunia nel post-partum è molto frequente ma in ogni caso non è “scontata”: in altre parole l’esperienza può variare non soltanto tra persone diverse, ma anche nel corso del tempo, nella stessa donna, da un parto all’altro. Va però osservato che, contrariamente alle aspettative dei ricercatori, la dispareunia è risultata strettamente correlata all’allattamento (oltre i due terzi delle donne che l’hanno riportata allattavano al seno) e non all’atrofia vaginale, benchè quest’ultima sia stata osservata in almeno la metà del campione. Da questo dato si evince che il legame tra riduzione degli estrogeni e dispareunia sia mediato, più che da alterazioni strutturali della mucosa genitale, da altri meccanismi, tra cui, per esempio, modificazione della sensibilità al dolore, aumento del pH e cambiamenti delle condizioni locali.

Un messaggio conclusivo
Secondo i ricercatori il post-partum presenta numerose analogie con la fenomenologia che caratterizza la menopausa. È pertanto necessario uno scrupoloso follow-up, con particolare riguardo alle donne che allattano al seno, più soggette a rapporti dolorosi: per quanto reversibile, infatti, l’alterazione del microambiente vaginale non deve essere sottovalutata sia perché può protrarsi per alcuni mesi, sia perché comporta inevitabilmente disagio, intervenendo in un momento particolarmente delicato della vita femminile. Da qui la riflessione sull’importanza di utilizzare detergenti e preparati idratanti specificamente formulati, in grado di favorire il ripristino delle condizioni fisiologiche, contrastare la secchezza e agevolare la ripresa dell’attività sessuale.

Bibliografia
Lev-Sagie A, Amsalem H, Gutman Y, Esh-Broder E, Daum H. Prevalence and Characteristics of Postpartum Vulvovaginal Atrophy and Lack of Association With Postpartum Dyspareunia. J Low Genit Tract Dis. 2020 Oct;24(4):411-416.

Dott.ssa Daniela Francesca Caspani

Medico Chirurgo

Specialista in Reumatologia e in Patologia della Riproduzione Umana