Lo stile di vita in menopausa

Lo stile di vita in menopausa è di grande importanza per mantenere un buono stato di salute dopo la menopausa, con particolare riferimento ad alimentazione e attività fisica.

Un corretto stile di vita comprende l’insieme di comportamenti utili per il mantenimento di un buono stato di salute. Ciò vale soprattutto in fasi di cambiamento importanti della vita come il passaggio alla menopausa, come evidenziato dalle linee guida dell’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI).

Mantenimento del normo-peso. Nel periodo di transizione menopausale, molte donne hanno una tendenza al sovrappeso. L’aumento ponderale è un fattore di rischio per numerose malattie, in particolare: ipertensione, diabete e neoplasie, tra cui quella della mammella e dell’endometrio. Il tessuto adiposo ha infatti un’attività endocrina che interagisce con vari tessuti. 

Stop al fumo. L’abitudine al fumo di sigaretta induce un ipo-estrogenismo relativo, con aumento dei livelli di androgeni e distribuzione del tessuto adiposo di tipo centrale. Queste alterazioni possono favorire un inizio precoce della menopausa e una sintomatologia vasomotoria più intensa. Inoltre, il fumo, inibendo l’attività osteoblastica e alterando il microcircolo favorisce l’osteoporosi. Ma il rischio principale del tabagismo è relativo alle malattie cardiovascolari; è stato infatti stimato che abolendo il fumo di sigaretta si può ridurre il rischio di malattia coronarica del 50-65%, fino ad annullarlo dopo 2-3 anni.

Attenzione ad alcol e caffè. Un elevato consumo di alcool costituisce un importante fattore di rischio per epatopatie, ipertensione, ictus e osteoporosi, mentre un consumo modesto disturba il sonno (soprattutto se si beve prima di coricarsi). Il sonno viene anche alterato da un eccessivo uso di bevande contenenti caffeina. Ciò può anche facilitare l’insorgenza di vampate di calore.

Svolgere una regolare attività fisica. L’esercizio fisico migliora il benessere generale corporeo e mentale, determinando un aumento dei livelli sierici di catecolamine e betaendorfine coinvolte nel tono dell’umore e nella regolazione termica e corporea. All’opposto, un’insufficiente attività fisica costituisce un fattore di rischio per molte patologie quali il diabete e le malattie cardiovascolari. Oltre a ridurre questo rischio, un’attività fisica regolare mantiene forza ed elasticità muscolare, e migliora l’equilibrio, prevenendo così il rischio di cadute e di conseguenti fratture ossee.

No stress. Lo stress ha un impatto negativo sulla qualità di vita, specie nella donna in menopausa, e può causare svariati disturbi, oltre che aggravare alcune condizioni patologiche. Per quanto possibile, si può cercare di evitare alcune condizioni di stress, ma si può soprattutto favorire attività (soprattutto esercizio fisico) e atteggiamenti mentali che limitino gli stati di tensione emotiva negativa. 

Pochi grassi saturi. Una corretta alimentazione deve fornire i livelli ideali di tutti gli elementi nutritivi salutari, limitando quelli nocivi quali: proteine animali, zucchero, grassi saturi (colesterolo), sodio e additivi alimentari. In particolare, l’apporto di acidi grassi a catena lunga si correla con un aumento del rischio cardiovascolare mentre una dieta ricca di acidi grassi polinsaturi è in grado di ridurre tale rischio. Gli acidi grassi polinsaturi della serie Omega-3, possono intervenire positivamente anche nella regolazione del turnover osseo. 

Pochi zuccheri semplici. Una dieta ricca di alimenti zuccherati aumenta l’intensità della sintomatologia vasomotoria (le famose vampate!) oltre ad aumentare il rischio di diabete.

Si consiglia l’introito di almeno 35 g/die di pesce o una supplementazione di 3-4 g/die di olio di pesce standardizzato.

Una dieta ricca di frutta e verdura. È inoltre noto che una dieta basata su vegetali e frutta fresca riduce molti sintomi da carenza estrogenica. Il consumo di fibre e di elementi antiossidanti diminuisce l’assorbimento di lipidi e l’apporto di colesterolo esogeno. L’aumentato consumo di fibre si correla a una ridotta assunzione di zuccheri semplici e di apporto calorico, ciò aiuta a contrastare la tendenza a una ridotta tolleranza glucidica che può presentarsi nel periodo peri-menopausale. 

Calcio e vitamina D per le ossa. L’alimentazione deve inoltre assicurare un adeguato apporto di calcio e vitamina D (contro il rischio di osteoporosi). Il calcio può essere assunto con latte e derivati e acque minerali ricche di calcio e povere di sodio. La vitamina D, la cui dose giornaliera raccomandata è di 400-800 UI, può essere ottenuta con uova, fegato, pesce e un’adeguata esposizione solare.

Bibliografia
Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI). Raccomandazioni clinico-pratiche in peri-post-menopausa e terza età. Progetto menopausa Italia. Linee Guida AOGOI 2007. https://www.aogoi.it/media/1152/lg_menopausa.pdf


Dottoressa Franca Cacciari 
Medico Chirurgo
Uroginecologo
Specialista in Ostetricia e ginecologia

È vero che la donna ha 7 vite?

Le 7 vite corrispondono al passaggio dalla fase riproduttiva della vita di una donna allo stato di transizione menopausale alla postmenopausa con modificazioni fisiche e psicologiche

L’ingresso in menopausa spesso comporta un notevole sforzo di adattamento e soprattutto di In effetti, tenendo come riferimento il momento della menopausa, ovvero la completa cessazione del ciclo mestruale, la vita della donna può essere suddivisa in 7 periodi. 5 periodi precedono la menopausa, mentre 2 sono successivi. Queste fasi sono rappresentate nella seguente tabella:

Come si può notare, il periodo riproduttivo (che ha una durata variabile) è suddivisibile in 3 sotto-periodi: precoce, centrale e tardivo. Queste prime “3 vite” rappresentano anche le fasi di una naturale variabilità della regolarità del ciclo mestruale e quindi della fertilità.

Dopo tale periodo, inizia la cosiddetta transizione menopausale ovvero un periodo, anch’esso suddiviso in 2 sotto-periodi (precoce e tardivo), di avvicinamento alla menopausa.

Questa fase può durare dura circa 2-10 anni. Tutto inizia (fase precoce) con un diradarsi della lunghezza dei cicli, che possono avere una lunghezza variabile (oltre 7 giorni superiori alla norma). Segue quindi un periodo (fase tardiva) in cui i cicli iniziano persino a saltare. I riferimenti più indicativi che la menopausa si approssima, sono un numero superiore a 2 di cicli saltati o periodi di assenza di ciclo (amenorrea) superiori a 60 giorni.

L’età della menopausa, lo constatiamo ogni giorno, si espande e contrae in maniera differente tra Paese e Paese, nei diversi Sistemi Sanitari e nel tempo: la nonna di 48 anni dell’inizio secolo, oggi spinge la carrozzina del figlio appena nato ed è donna desiderabile ed ancora affascinante.

I tempi di oggi chiedono di “ricalcolare” i tempi della donna.

Quando finalmente giunge la menopausa, anche qui subentrano 2 fasi, precoce e tardiva. La fase precoce – che dura circa 5 anni – è contrassegnata dalla conferma di assenza di ciclo mestruale per 12 mesi consecutivi e da un periodo di “assestamento”. Segue quindi la fase tardiva in cui si ha la completa “tranquillità” dei cicli e dei movimenti ormonali.

Le “così dette 7 vite” corrispondono quindi al passaggio dalla fase riproduttiva della vita di una donna allo stato di transizione menopausale alla postmenopausa e possono comportare molte modificazioni sia fisiche sia psicologiche.

Il ginecologo attento segue con attenzione tutte queste modificazioni consigliando, suggerendo comportamenti, educando la donna.

Un esempio? Ricordare fin dalla giovane età che il fumo può anticipare anche di due anni la menopausa!

Ecco la scommessa da vincere con la donna: renderla consapevole di quali e quanti benefici che eventuali terapie e modifiche dello stile di vita possano favorire una vita piena e piacevole sempre!


Dott. Orlando Caruso 
Direttore Unità Operativa
Uroginecologo
ASST Franciacorta (BS)

Le implicazioni di una menopausa indotta e/o precoce

La menopausa precoce insorge, per definizione, prima dei 40 anni, spesso è inaspettata – e riguarda secondo recenti stime l’1% della popolazione femminile.

L’ingresso in menopausa spesso comporta un notevole sforzo di adattamento e soprattutto di accettazione: non soltanto perché si accompagna alla comparsa di una serie di disturbi ma anche perché segna per la donna la perdita irreversibile della fertilità. Se questi cambiamenti fisiologici sono di per sé causa di stress, a maggior ragione una menopausa precoce, ha prevedibilmente un impatto più traumatico. Ancor più devastante, poi, può profilarsi la situazione in cui la menopausa precoce sia legata alla comparsa di un tumore. Infatti grazie alle possibilità di prevenzione, recentemente assistiamo ad un aumento del numero di donne in menopausa iatrogena, anche giovani, in seguito a terapie chirurgiche e/o radiologiche e/o farmacologiche.

La principale fonte di stress e sofferenza
La capacità riproduttiva viene spesso data per scontata sia dalla donna sia dalla coppia: il trovarsi di fronte improvvisamente alla perdita della genitorialità è equiparabile a un vero e proprio lutto, che deve essere opportunamente elaborato. Senza poi contare che al calo di autostima dovuto all’incapacità di procreare – indipendentemente dalla causa e dalle eventuali responsabilità – si possono associare rabbia, frustrazione, sensi di colpa, vergogna e dolore, che si amplificano ancor più nelle donne che magari hanno rinviato la pianificazione della gravidanza o ne hanno coltivato l’intimo desiderio senza intraprendere iniziative per concretizzare la loro aspirazione. Ulteriore problema è il contributo nel rapporto di coppia per la diminuzione della libido, la secchezza vaginale che condiziona la sessualità e la modificazione dell’immagine corporea stessa.

Criteri e prospettive di approccio
Grazie ai progressi della ricerca sono stati raggiunti traguardi importanti, per esempio nella gestione dei disturbi associati alla menopausa. Il criterio seguito oggi dalla Medicina è quello della personalizzazione della cura, in considerazione sia della situazione clinica della singola donna – per esempio in caso di malattie oncologiche il ricorso a terapie ormonali è controindicato – sia delle sue esigenze. L’altro presupposto è la multidisciplinarietà, ossia il coinvolgimento di più professionisti, tra cui il ginecologo, l’endocrinologo, l’internista, l’oncologo, lo psicologo e il nutrizionista. Altrettanto importante è l’attenzione che deve essere riservata ai disturbi della sfera intima indotti dalla menopausa precoce, quali secchezza vaginale, prurito e bruciore, che possono a loro volta ripercuotersi sulla vita sessuale e in generale sul benessere della coppia. A tale riguardo va ricordata l’importanza di un’adeguata idratazione della mucosa genitale e del ricorso a preparati a base di acido ialuronico, un componente particolarmente apprezzato per la sua efficacia.

Considerazioni conclusive
La menopausa precoce è un evento traumatico: la donna dovrebbe essere, se possibile, preparata e soprattutto seguita, sia sul versante medico (sintomi, problematiche legate alla malattia responsabile) sia su quello psicologico, individuale e di coppia. Un percorso integrato, basato sulla collaborazione di più specialisti, rappresenta il modello ideale, in quanto, grazie alle varie competenze, consente di individuare la strategia più adatta alle specifiche necessità. Il messaggio chiave, però, che ogni donna deve tenere presente, è che, come in qualsiasi altra circostanza, il dialogo con il ginecologo è fondamentale per superare la tentazione, peraltro frequente, di chiudersi nella propria ansia. Altrettanto essenziale è la tempestiva ricerca di un supporto psicologico, che aiuti a prendere consapevolezza della realtà, a elaborare le esperienze, ristrutturare l’immagine di sé e a ristabilire, insieme al partner, un nuovo equilibrio in grado di rivalorizzare la propria femminilità e, nel caso, di rivedere il proprio progetto di famiglia.

Bibliografia
• Baldi S, Becorpi A, Donati Sarti C. Menopausa indotta per patologia oncologica: necessità di spazi dedicati. Gyneco AOGOI, n. 11, 2009
• Groff AA, Covington SN, Halverson LR, Fitzgerald OR, Vanderhoof V, Calis K, Nelson LM. Assessing the emotional needs of women with spontaneous premature ovarian failure. Fertil Steril. 2005; 83:1734-41 


Dott.ssa Barbara Zasso 
Medico Chirurgo specialista in Ginecologia Ostetricia
Dirigente Medico di II Livello
Ospedale di Conegliano

Che cos’è la cistite?

La cistite è un’infezione delle vie urinarie, molto fastidiosa, che colpisce soprattutto le donne. Esistono diverse cause e manifestazioni di questa patologia.

La cistite è un’infiammazione della parete vescicale frequentemente provocata da un’infezione che colpisce le vie urinarie.
Le vie urinarie sono un sistema che conduce l’urina attraverso due tubicini, gli ureteri, dal rene alla vescica che funziona da serbatoio. L’urina viene emessa all’esterno con  l’atto della minzione attraverso un altro breve condotto che si chiama uretra

 Esiste un corollario tipico di sintomi, che fanno porre il sospetto di cistite, e sono: 

• Difficoltà alla fuoriuscita dell’urina che viene eliminata goccia a goccia 

• Dolore e bruciore nell’urinare che persiste anche dopo la fine della minzione 

• Dolore sovra pubico accompagnato dalla sensazione di non aver svuotato completamente la vescica 

• Bisogno continuo di urinare, pur senza che vi sia poi così tanta urina, come sembrava 

• Talvolta perdita di sangue con l’urina 

Questi sintomi possono essere presenti tutti o in parte, e possono accompagnarsi a torbidità delle urine, che potrebbero anche avere odore sgradevole. 

Ma per quale motivo sono le donne ad essere le più colpite? 

Il fattore più importante che predispone all’acquisizione dell’infezione è dovuto alla diversa conformazione anatomica dell’ultimo buchino nella donna rispetto all’uomo, l’uretra. La brevità dell’uretra femminile che misura circa 3-4 cm e la vicinanza alla vagina e al retto costituiscono fattori di maggior rischio e maggiore prevalenza dell’infezione delle vie urinarie nella donna. È per questo, infatti, che i batteri provenienti dall’intestino possono raggiungere il condotto uretrale e da qui risalire in vescica. 

La colonizzazione può essere favorita dalle secrezioni normalmente presenti in vagina. 

Ne deriva di conseguenza che un ambiente vaginale sano rappresenti la prima linea di difesa alla risalita dei batteri, soprattutto una vagina ben colonizzata da lattobacilli. 

È stato dimostrato che le variazioni ormonali tipiche delle donne sono in grado di influenzare in bene o in peggio la capacità di alcuni batteri di risalire lungo l’uretra e approdare in vescica. Ciò potrebbe spiegare perché le cistiti nelle donne si presentano spesso a intervalli regolari. 

Ma come mai la vescica non si difende da sola? Ebbene in realtà essa dispone di diverse armi, ma potrei riassumere tutto in tre fattori: 

-Il primo è rappresentato da sostanze sintetizzate dalla vescica stessa, che formano uno strato protettivo, quasi scivoloso, in grado di impedire l’adesione dei batteri patogeni alla parete della vescica e quindi la loro risalita 

-Un secondo meccanismo di difesa è legato alla presenza nelle urine di una sostanza prodotta dal rene, chiamata uromucoide, che intrappola i batteri, aggrovigliandoli e rendendoli impotenti, affinché siano allontanati con la minzione 

-Il terzo, direi il più importante, è proprio la minzione regolare ed efficiente, motivo per cui la prima medicina naturale che prescrivo alle pazienti è il bere acqua. 

La causa più comune della cistite è l’origine batterica. Esiste anche una cistite causata dalla radioterapia o la cistite di tipo interstiziale. 

Di base la  cistite batterica, ovvero la più frequente e la più nota, si manifesta quando la vescica si infiamma, in maniera acuta o cronica, a causa di germi intestinali che colonizzano la vagina, come l’Escherichia coli,  Proteus, o l’Enterococcus.

L’identificazione dell’agente infettante attraverso l’urinocultura è importante per la diagnosi e per la terapia specie nelle cistiti ricorrenti, anche per escludere altre condizioni patologiche dell’apparato urogenitale, di natura non infettiva, che possono simulare i segni e i sintomi di un’infezione urinaria.

Dott.ssa Ilaria Dellacasa

Specialista in Ostetricia e Ginecologia

Che cos’è la flora vaginale?

La flora vaginale (o ecosistema vaginale) è l’insieme di microgranismi che popolano normalmente la vagina, proteggendola e cercando di mantenerla in salute

Per comprendere cosa sia la flora vaginale (o ecosistema vaginale) bisogna innanzitutto fare mente locale che la vagina non è un ambiente sterile e asettico ma è normalmente popolata da microbi. Nella vagina convivono infatti numerosi microrganismi che nel loro insieme costituiscono una popolazione vivente che viene chiamata microbiota. Si tratta di una convivenza fra diversi tipi di germi – come funghi e batteri – il cui compito è quello di difendere la vagina da aggressioni da parte di microrganismi provenienti dall’esterno.

Questi germi convivono serenamente fra di loro e, condividendo lo stesso spazio in perfetta armonia, riescono a mantenere in buona salute la vagina delle donne sane. Si pensa spesso che la Candida, una tra le infezioni vaginali più conosciute e tra i nemici più insidiosi della donna, sia un “qualcosa” che proviene dall’esterno. Così come quando si presenta un’infezione batterica si è convinti che questa provenga dall’ambiente esterno. In realtà, tutto ciò è in buona parte inesatto.

La flora vaginale è quindi un insieme estremamente variegato di microbi in cui l’equilibrio è mantenuto in particolare da una classe di batteri chiamati lattobacilli, ovvero i bacilli di Doderlein. Essi hanno la funzione di produrre l’acido lattico, ossia la sostanza che ha il compito di dare il giusto livello di acidità all’ambiente vaginale e far sì che tutti i microbi che convivono nella vagina possano vivere senza creare fastidi; un livello sufficientemente acido dell’ambiente vaginale (pH intorno a 4,5) ha una funzione protettiva e fa sì che i batteri potenzialmente cattivi non possano moltiplicarsi; ma quando l’ambiente vaginale diventa meno acido per varie cause fisiologiche o meno, succede che questi batteri da innocui abitanti della vagina si trasformano in fastidiosi nemici per la donna.

La flora vaginale subisce importanti modifiche nelle diverse fasi della vita della donna, quindi nella pubertà, nell’età fertile e in menopausa. In particolare, i lattobacilli non sono presenti nella vagina prima della pubertà; successivamente, in età fertile il microbiota è costituito prevalentemente (90% circa) da lattobacilli, per arrivare poi in menopausa ad avere un microbiota più simile a quello della bambina.

Questo diverso equilibrio nella composizione batterica a livello della vagina è regolato dai diversi profili ormonali che contraddistinguono le diverse fasi di vita della donna. Difatti, la produzione di acido lattico da parte dei lattobacilli è infatti influenzata dai livelli degli ormoni sessuali femminili, gli estrogeni, che regolano la produzione di zucchero da cui si origina l’acido lattico presente nel tessuto vaginale.

In particolare alla nascita, durante il parto, la vagina della neonata viene colonizzata da microrganismi già presenti nella vagina della mamma. Subito dopo la nascita la vagina della bimba ha caratteristiche simili a quella della mamma per l’influenza degli estrogeni materni. In seguito, man mano che i livelli di estrogeni nel sangue calano, la vagina della neonata diventa sottile (atrofica) e si riduce il suo contenuto di zucchero, per cui l’ambiente vaginale diventa meno acido (cioè aumenta il pH): a questo punto il microbiota vaginale della neonata è costituito soprattutto da batteri, che costituiranno la flora vaginale per tutta l’infanzia fino alla pubertà.

In occasione della prima mestruazione, con la ricomparsa degli ormoni femminili e le modificazioni del tessuto vaginale, la donna cambia la propria flora vaginale, che risulta dominata nell’età fertile dai lattobacilli di Doderlein. La menopausa è caratterizzata invece da un ambiente ormonale più simile a quello della bambina.

Oltre alle influenze degli ormoni, le variazioni del pH vaginale possono essere dovute a numerosi “traumatismi” che portano a modificazioni della composizione della flora vaginale, come per esempio un’errata o esagerata igiene intima, l’utilizzo improprio di farmaci “fai da te” applicati localmente, gli antibiotici, le terapie ormonali e lo stress.

Dott.ssa Ilaria Dellacasa

Specialista in Ostetricia e Ginecologia

La candida: un’amica-nemica

La visita ginecologica anLa candida convive normalmente con i batteri che fanno parte della flora vaginale. Fattori di disturbo, stile di vita scorretti possono favorire la sua crescita.

Che cos’è la Candida? Un nemico che ci attacca e ci invade quando siamo meno forti e meno difesi? Un mostro cattivo da distruggere?

Ebbene, in realtà questo è uno dei tanti “falsi miti” che ci ha condizionati ad abusare per tanti anni di antimicotici a somministrazione per via orale o locale.

Va specificato difatti che la Candida è un fungo presente normalmente nell’organismo degli uomini e delle donne. In condizioni di normale equilibrio il fungo risiede sia a livello dell’intestino che a livello della vagina. A livello vaginale essa convive tranquillamente in armonia col complesso di batteri che costituiscono la cosiddetta flora vaginale. In condizioni di benessere e di corrette abitudini della donna, la candida e le sue spore sono in grado di crearsi l’ambiente adatto dove continuare a crescere, fornendo anche un aiuto al mantenimento di un corretto pH vaginale.

Ma allora perché a volte la Candida s’incattivisce con la donna che normalmente la ospita e diventa fastidiosamente invasiva, causando rossore e perdite biancastre, simili a ricotta e dallo sgradevole odore di latte acido?

Perché fattori di disturbo come gli antibiotici, le difese immunitarie ridotte, i forti stress, l’alimentazione scorretta o gli stili di vita sbagliati sono in grado di alterare il pH vaginale e spodestare i batteri della flora vaginale (lattobacilli), favorendo la comparsa di spazi vuoti. Ed è proprio in questi spazi vuoti che la Candida, normalmente tranquilla e quieta nel suo angolino, inizia a crescere in maniera incontrollata, si trasferisce e prolifera, dando origine alla “candidosi” con le sue manifestazioni tristemente note.

Questa nuova “occupazione vaginale” porta alla comparsa di sintomi che di solito, nel caso delle candidosi “acute” (cioè temporanee), consistono in un intenso prurito con arrossamenti (eritemi) e gonfiore dei genitali esterni, con presenza, talvolta, delle note abbondanti perdite biancastre. Se questi episodi si ripresentano per più di 4 volte l’anno si parla di candidosi “ricorrente o recidivante”, di solito associata ad una sintomatologia meno intesa, con perdite meno abbondanti ma con presenza di un dolore persistente che rende difficoltosi – se non impossibili – i rapporti sessuali.

Qual è l’errore più comune che le pazienti riferiscono di aver commesso in caso di sospetta infezione da candida? Ebbene l’errore più comune è quello di avere fatto sciacqui con lavande vaginali a caso, con la convinzione che queste possano “pulire per bene”. Ebbene, se il trattamento intrapreso è inadeguato, questo può in realtà creare un ulteriore danno: bisogna difatti considerare che in condizioni di normale equilibrio la flora vaginale svolge la funzione di “guardiano” dell’equilibrio dell’ambiente vaginale; se si utilizzano quindi trattamenti eccessivamente aggressivi o sbagliati si corre il rischio di danneggiare proprio i guardiani all’interno della flora vaginale – magari i pochi superstiti che stavano cercando di rinforzarsi -, i quali sono poi gli unici che sono potenzialmente in grado di riportare l’equilibrio fisiologico.

Un altro errore comunemente commesso è quello di utilizzare detergenti intimi eccessivamente aggressivi che tolgono lo strato costituito da sostanze grasse (lipidi) che normalmente difende i genitali esterni dagli attacchi di microrganismi. In questo caso il detergente farà un ulteriore danno: difatti in presenza di candidosi è estremamente frequente che vi siano abrasioni a livello della vulva causate dal continuo grattamento, nelle quali possono insediarsi altri microbi (per esempio batteri); queste abrasioni non essendo più protette dallo strato lipidico possono diventare di conseguenza la sede di un’infezione batterica che si sovrappone alla candidosi.

Appare chiaro come la soluzione terapeutica corretta e vincente debba essere prospettata ed avviata da un ginecologo; le terapie prescritte comprenderanno il ripristino della flora vaginale, la regolarizzazione della funzionalità intestinale e, se necessario, anche trattamenti a lungo termine con antimicotici locali o per via orale.

Dott.ssa Ilaria Dellacasa

Specialista in Ostetricia e Ginecologia

La cistite nelle età della donna

La cistite è un’infiammazione della vescica provocata da un’infezione che che colpisce le vie urinarie e i suoi sintomi possono manifestarsi in modo diverso

La cistite nelle bambine

Le bambine, peraltro sane, possono presentare frequentemente episodi di cistite. La risalita dei batteri patogeni dall’uretra è facilitata a questa età soprattutto da un’errata igiene. È necessario insegnare loro sin da piccole a lavare i genitali in maniera corretta, dall’avanti all’indietro, e abituarle all’igiene personale ogni volta che si usa il bagno; sarebbe opportuno utilizzare un detergente lievemente acido e abituarle a svuotare la vescica in maniera regolare, cosa che frequentemente trascurano quando sono occupate nei giochi. È opportuno che venga adottata una corretta alimentazione affinché sia mantenuto costante l’equilibrio della flora batterica intestinale, condizione necessaria per una sua regolare funzione.

La cistite nella giovane donna

La cistite non complicata si osserva con molta frequenza nelle adolescenti e nelle giovani donne. La cistite è provocata nell’80% dei casi dall’Escherichia coli. È importante non confondere una cistite con una vaginite. Le vaginiti si accompagnano quasi sempre a perdite vaginali e in genere non presentano dolore nell’urinare né dolore sovrapubico. A questa età la causa della cistite è spesso rappresentata dal rapporto sessuale (in genere l’intervallo di comparsa dei sintomi è di 24/48 ore). La risalita batterica dall’uretra alla vescica è facilitata dal rapporto sessuale in maniera meccanica. Inoltre l’uso di creme spermicide può facilitare l’infezione perché alterano l’ecosistema vaginale e permettono la colonizzazione dei patogeni. Se gli episodi si ripetono con frequenza sarebbe opportuno valutare il partner e indirizzarlo ad esami specifici. La cistite nella giovane donna può essere anche abatterica, legata al microtrauma prodotto sull’uretra dal rapporto sessuale, specialmente quando coesiste scarsa lubrificazione.

La cistite in gravidanza

Le modificazioni ormonali tipiche della gravidanza sono responsabili della maggiore predisposizione alle infezioni urinarie in gravidanza. L’aumento del progesterone diminuisce il tono dell’uretere e dell’uretra alterandone i normali movimenti. Si aggiunge a ciò la ricchezza nelle urine di substrati nutritivi per i germi. Una batteriuria asintomatica è presente nel 2-8% delle donne gravide.

La cistite nella terza età

Le cistiti nella donna anziana sono legate all’Escherichia coli nel 75% dei casi ma anche a molte altre specie di batteri. Infatti si assiste ad atrofia delle mucose; aumento del rischio di contaminazione uretrale per aumento delle disfunzioni intestinali, quali la stipsi; diminuzione delle difese proprie vescicali e diminuzione in generale delle difese immunitarie.  La maggior parte delle donne anziane ha presenza di batteri nelle urine senza alcun sintomo, per cui è opportuno far precedere alla terapia antimicrobica un miglioramento delle condizioni che la determinano:

-migliorare la funzione intestinale (alimentazione corretta e attività fisica)

-migliorare il trofismo dei genitali esterni (terapie topiche)

-migliorare le difese immunitarie

La cistite in menopausa

La carenza di estrogeni altera l’ecosistema vaginale, aumentando localmente la capacità di colonizzazione da parte di batteri. Le stesse variazioni ormonali determinano una riduzione della lubrificazione vaginale che, accompagnata da un’iniziale atrofia delle mucose, crea le condizioni che predispongono a vaginiti batteriche o irritative: la porta d’ingresso alle cistiti. È possibile, inoltre, che a questa età siano presenti piccoli prolassi vescicali, responsabili di svuotamento incompleto delle urine. Il residuo post-minzionale che ne deriva diventa responsabile di ripetuti episodi di cistite. In tali circostanze la terapia sostitutiva locale, con ovuli e creme a base di estrogeni, può favorire il trofismo delle mucose. Un programma riabilitativo perineale può, inoltre, migliorare lo svuotamento vescicale.

Arriva il momento della visita ginecologica

La visita ginecologica annuale è fondamentale per controllare la salute dell’apparato genitale femminile e per diagnosticare in tempo patologie o disturbi

Perché è importante sottoporsi ad una visita ginecologica ogni anno? La risposta è facile e semplice: per un discorso di prevenzione. Perché anche in caso di benessere e di assenza di sintomi particolari il nostro corpo potrebbe nascondere piccoli problemi di salute, che se affrontati in tempo possono risolversi con facilità, ma se ignorati essi potrebbero aggravarsi e vanificare le possibilità di guarigione, proprio come accade per i tumori.

Durante la visita ginecologica annuale il ginecologo procederà ad esaminare la salute dell’apparato genitale femminile seguendo una sequenza standard di procedure cliniche così articolate:

1) innanzitutto inizierà ad esaminare i genitali esterni (vulva, grandi e piccole labbra) per controllare che non ci siano lesioni o particolari alterazioni come ad esempio i condilomi (che sono escrescenze causate dal pericoloso papillomavirus), o zone di colorazione diversa da come dovrebbero essere fisiologicamente;

2) inserirà poi lo speculum, strumento indispensabile per esaminare la parte interna della vagina che è sempre temuto dalle pazienti. Durante questa parte dell’esame il segreto per non sentire fastidio è quello di rilassarsi concentrandosi: sembra una contraddizione di termini poiché sembra impossibile potersi rilassare e contemporaneamente concentrarsi, ma di fatto si tratta di 2 compiti necessari per aiutare il ginecologo a portare avanti l’esame senza che la donna provi troppo fastidio. In questa fase la donna è importante che contragga la parte bassa dei glutei per favorire il rilassamento della muscolatura della parte bassa dell’addome (il cosiddetto pavimento pelvico), che altrimenti resterebbe contratta e renderebbe più difficoltoso e fastidioso l’inserimento dello speculum.

L’esame con questo strumento è indispensabile per verificare la presenza di eventuali alterazioni della flora vaginale, come perdite più o meno maleodoranti, o alterazioni nella conformazione della stessa vagina. Il ginecologo potrà inoltre controllare il collo dell’utero e prelevare un po’ di cellule con un particolare spazzolino e una spatolina di legno (chiamati rispettivamente citobrush e spatola di Eyrie) che vengono strisciati sul collo dell’utero. Questo esame è il famoso pap-test ed è indispensabile per diagnosticare il tumore della cervice uterina anche in fasi iniziali;

3) la fase successiva della visita ginecologica è quella bimanuale, ossia il momento in cui – dopo aver ovviamente rimosso lo speculum – il ginecologo, inserirà un dito in vagina e ponendo una mano sulla pancia andrà a “sentire” l’utero e le ovaie. Questa manovra provoca normalmente un po’ di fastidio, ma non dolore; se la donna avvertisse dolore allora lo specialista sarà intenzionato a fare ulteriori accertamenti;

4) a seguire viene effettuata un’ecografia pelvica, che può essere eseguita o sulla pancia a vescica piena in caso di ragazze che non abbiano avuto rapporti sessuali, o per via transvaginale in caso di donne che abbiano già avuto rapporti. L’ecografia serve per valutare l’eventuale presenza di patologie a livello dell’utero e delle ovaie, che in questo modo potranno essere visualizzate sullo schermo dell’ecografo e il ginecologo potrà così vederle e individuarne l’esistenza;

5) l’ultima fase della visita consiste nella valutazione del seno, tramite la palpazione o l’ecografia al fine di verificare l’eventuale presenza di alterazioni o lesioni delle mammelle, tra cui i tumori.

Tutti questi passaggi si svolgono in un tempo che mediamente richiede dai 15 ai 20 minuti.

Una parte fondamentale della visita ginecologica resta comunque il colloquio vero e proprio tra lo specialista e la paziente, che può talvolta richiedere anche più tempo, perché se alle donne vengono poste le giuste domande, durante la visita ginecologica possono emergere problematiche che a volte le donne stesse hanno timore o vergogna di riferire, come per esempio disturbi nelle attività quotidiane e disfunzioni sessuali legate al fastidioso problema della secchezza vaginale.

Va da sè che il rapporto col proprio ginecologo diventa molto spesso un po’ un rapporto «confidenziale» tale per cui nel corso dell’abitudinaria visita può emergere tutta una serie di problematiche anche non strettamente ginecologiche.

Dott.ssa Ilaria Dellacasa

Specialista in Ostetricia e Ginecologia

Parlare con il ginecologo: confidente o tecnico della ginecologia?

Per una corretta ed adeguata anamnesi del paziente il ginecologo ha la necessità di rivolgere ai pazienti delle domande molto personali ed intime

Perché un titolo così particolare? 

Perché, se andiamo a ben vedere, la visita ginecologica in sé occuperebbe materialmente allo specialista, che voglia essere un semplice tecnico della ginecologia, un tempo estremamente limitato. Se vogliamo essere precisi, e anche un po’ acidi, la visita ginecologica annuale in condizioni di benessere della donna si può effettuare anche in soli 10 minuti.  

Questo però renderebbe il mio lavoro, che trovo estremamente splendido e difficile al contempo, un lavoro estremamente tecnico, nel quale verrebbe esclusivamente presa in considerazione e richiesta una capacità a svolgere dei compiti, quali inserire lo speculum, effettuare un’ecografia, effettuare una palpazione del seno e qualche altra piccola cosa.  

Ebbene lavorare così sarebbe forse molto più sbrigativo e sicuramente meno faticoso per il ginecologo, che dovrebbe effettuare degli esami e consegnare un referto. Ma per fortuna nel mio lavoro, e soprattutto nella visita annuale, gli argomenti che devo approfondire sono molti.  

Molto spesso infatti devo porre domande dirette alle donne, per sapere come è in quel momento la loro qualità di vita.  

Molte patologie ginecologiche sono infatti correlate a come la donna sta in quel preciso periodo, se ha subito a forti stress, se è emotivamente stabile, se sono comparse patologie nuove, tutto questo per poter comprendere a fondo il suo stato di salute ginecologica.  

Ad esempio, in caso di infezioni ricorrenti a livello vaginale si possono molto spesso riscontrare alterazioni intestinali, diarrea o intolleranze alimentari.  

Così come in presenza di patologie che non hanno nulla a che vedere con la sfera ginecologica, in apparenza, come ad esempio il diabete o la sclerosi multipla o la sclerodermia, e si possono capire risolvere in maniera adeguata problematiche della sfera propriamente ginecologica.  

Il ruolo del ginecologo è poi quello di porre domande mirate a seconda delle fasi della vita.  

È per questo che mi trovo a chiedere alle ragazze giovani se utilizzano il preservativo durante rapporti sessuali, per poterle adeguatamente informare della trasmissione delle malattie sessuali, del rischio di gravidanza, tutelando in questo modo l’intera integrità dell’apparato ginecologico.  

Alle donne in età fertile, è bene chiedere quali siano i loro progetti riproduttivi, in modo da poter correttamente pianificare, per quanto possibile, una felice vita di coppia.  

Alle donne in menopausa chiedo spesso direttamente come vanno i rapporti sessuali e se hanno subito dei cambiamenti in termini di qualità, per poter consigliare l’utilizzo di creme adeguate per prevenire problemi futuri.  

Nelle donne in età avanzata chiedo direttamente se hanno fughe di pipì durante sforzi starnuti o colpi di tosse per valutare con loro la possibilità di esercizi pelvici o di terapie adeguate.  

Tutte queste domande, che così elencate sembrano essere scontate, devono essere tuttavia poste direttamente alle pazienti in corso di visita ginecologica, poiché se io mi soffermassi solamente sulla richiesta di una visita di controllo e non ponessi queste domande, la maggior parte delle pazienti non mi riferirebbe neanche un quinto dei problemi che vi ho sopra elencato. Il tutto quindi è su come si voglia svolgere la visita ginecologica annuale, ovvero in 10 minuti effettuando meramente la tecnica imparata oppure sfruttando tutto il tempo necessario per poter curare la donna, anche se è sana.

Dott.ssa Ilaria Dellacasa

Specialista in Ostetricia e Ginecologia

Prevenire le infezioni vaginali: le 8 regole d’oro

Basta seguire tutti i giorni alcune semplici regole per prevenire le infezioni vaginali e per ridurre il rischio di una loro ricomparsa.

Le infezioni vaginali sono sempre in agguato. Con 8 semplici regole è possibile prevenirne lo sviluppo e avere cura della salute e dell’equilibrio vaginale.

IL TROPPO STROPPIA. Evitare un’eccessiva od ossessiva igiene ed usare saponi e detergenti delicati…va bene l’igiene ma di “umano” bisogna pur sapere. Questo per scongiurare danni alla flora vaginale e modificazioni del pH vaginale, consentendo la protezione contro le infezioni vaginali.

CI VUOLE EQUILIBRIO. Mantenere un corretto equilibrio tra tutte le componenti del nostro corpo è importante per la salute in generale, ricordando che ogni organo ha al suo interno sistemi e meccanismi che controllano l’equilibrio e di cui è fondamentale prendersi cura e proteggere.  Nel caso della vagina, la flora vaginale e i suoi costituenti (principalmente i batteri lattobacilli) giocano un ruolo chiave nel mantenimento dell’equilibrio dell’ambiente vaginale.

DIVIETO DEL “FAI DA TE”. Evitare soluzioni “fai da te” e di prendere libere iniziative per trattare e curare disturbi vaginali. Gli antibiotici e gli antimicotici servono per le infezioni vaginali, ma solo in specifiche situazioni e sempre su indicazione del ginecologo.

DELICATEZZA. I genitali femminili vanno immaginati come una bella “rosa”, da trattare con delicatezza e belle maniere; per cui vanno usati solo saponi e detergenti intimi delicati e non aggressivi.

SESSO AL MOMENTO GIUSTO. Evitare rapporti sessuali fino a quando il problema infettivo o il disturbo vaginale si sia risolto e si sia normalizzata la situazione. Questo per evitare che si verifichi un’iperattività o una contrattura dei muscoli della parte bassa dell’addome (il cosiddetto pavimento pelvico) che rendono poi difficile avere rapporti sessuali anche alla fine dell’infezione o del disturbo  vaginale.

FARE RESPIRARE. Evitare i salvaslip o e utilizzare indumenti intimi delicati e traspiranti, preferibilmente di cotone, permettendo così ai genitali di ”respirare” e di stare in buona salute.

STILI DI VITA SANI. Condurre una vita senza troppi eccessi aiuta la salute in generale. Limitare l’alcool e gli zuccheri; tenere sotto controllo i livelli di zuccheri nel sangue (glicemia) è particolarmente importante per escludere o diagnosticare il diabete, soprattutto quando ci si trova in una condizione chiamata sindrome metabolica in cui il diabete è una delle manifestazioni che accompagna sovrappeso/obesità, pressione alta e colesterolo alto. Questo perché il diabete o gli elevati livelli di zuccheri nel sangue favoriscono l’insorgenza di infezioni vaginali ricorrenti, in particolare da Candida. A tal proposito, in caso di infezioni ricorrenti da Candida è utile rivolgersi a un gastroenterologo affinché si assicuri che la parete intestinale non presenti alterazioni funzionali che potrebbero favorirne la crescita a livello intestinale e conseguentemente poi a livello vaginale : difatti la Candida può passare facilmente poi dall’ano alla vagina per la loro vicinanza anatomica.

CORREGGERE LA SECCHEZZA. Correggere la secchezza vaginale o vulvare che, oltre a causare spiacevoli fastidi e disturbi che si ripercuotono negativamente sulle attività quotidiane e sulla sessualità, può favorire anche l’insorgenza di infezioni. Oggi sono disponibili varie soluzioni efficaci per idratare correttamente i genitali femminili, dando sollievo ai sintomi fastidiosi della secchezza vaginale e aiutando a ripristinare il corretto equilibrio dell’ambiente vaginale.

Dott.ssa Ilaria Dellacasa

Specialista in Ostetricia e Ginecologia